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Pag- 3 ° 5» r• 2 sgg. — Da ciò che il Cuoco, in questo primo abbozzo, dice del De aequilibrio corporis animantis, resta ormai. assodato che l’unica copia di quell’opera, veduta da lui a Napoli «nella biblioteca di un amico suo» (probabilmente Francesco Daniele, che nel 1766 aveva raccolte in volume talune orazioni latine del Vico), era, non un ms., ma un esemplaré a stampa. Si deve supporre, pertanto, che quel libriccino, scritto verso il 1712, fosse stampato circa il 1735, data approssimativa d’una dedica di quell’opuscolo a re Carlo di Borbone, la quale, ritrovata tra le carte vichiane, fu pubblicata per la prima volta dal marchese di Villarosa (vedila in Vico, Opere , ediz. Ferrari 2 , VI, 275-6). Disgraziatamente, del De aeq., finora, non è venuto fuori né quello veduto dal Cuoco ne altro esemplare; onde non se ne conosce altro se non quel pochissimo che ne dice il Vico ne\V Autobiografia (ediz. cit., pp. 35-7, e cfr. p. 75 n.) e quanto aggiunge il Nostro in questi due abbozzi.

ivi, r. 22 sgg. — La Vita di Antonio (non Alfonso) Cara/a, pubblicata a Napoli, in edizione di gran lusso, nel 1716, nonché non aver altri pregi che l’eleganza dello stile latino, riuscí effettivamente, come dice il Vico medesimo ( Autobiografia , ed. cit., p. 38), «temprata di onore del subbietto, di riverenza verso i principi» e, quantunque le efferate repressioni esercitate dal Carafa durante le guerre d’Ungheria rendessero la cosa assai delicata e difficile, «di giustizia che si dee aver per la veritá». ivi, r. 28 sgg. — Il De Parthenopea coniuratione (che, a quanto pare, fu scritto poco dopo il 1701 per incarico ufficioso del governo napoletano, e non dato allora alle stampe perché tanto conforme alla veritá storica quanto difforme al recondito desiderio dei committenti) venne pubblicato per la prima volta da Giuseppe Ferrari, nel primo volume della sua prima edizione delle Opere del Vico (Milano, Classici italiani, 1835 sgg), e piú volte ristampato poi. Ma se ne attende ancora un’edizione critica.

Pag. 306, r. 17. — Le ragioni vere dell’oscuritá della seconda Scienza nuova (ché a questa sempre allude qui il Cuoco) non son quelle, o per lo meno quelle soltanto, additate, in questo primo abbozzo, dal Nostro, al quale, del resto, come mostrano il secondo abbozzo e, ancora piú, gli scritti dati ai n. V e VI della presente sezione, finirono col sembrare insufficienti. Vedere al riguardo Benedetto Croce, La filosofia di G. D. Vico, 2> ediz. (Bari, Laterza, 1923), cap. III.

Pag. 307, r. 8. — Non De antiqua, ma De antiquissima Jlalorum, ecc. è il titolo del libriccino in cui il Vico espose il suo sistema metafisico (Napoli, Mosca, 1710). Inoltre il titolo esatto del primo libro (1720) dell’ampia trattazione, che si conosce abbreviativamente col nome di Diritto universale , è De universi iuris uno principio et fine uno. Né il secondo libro (1721) s’intitola De constantia philologiae, ma De constantia iuris prudenlis. Bensi esso si suddivide in due parti: De constantia philosophiae e De constantia philologiae .