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nella letteratura, del pari che sono inevitabili nella vita civile), gli stessi odi generano piú indolenza che attivitá; e se pur talora diventano attivi, dánno piú rancore ai buoni e generosi, piú disonore ai vili e tristi, che fama agli uni ed agli altri. Imperciocché anche gli odi sono utili se sono generosi, se tanto chi censura quanto chi è censurato tentano ambedue di trovare il meglio. Ma che sperare dagli odi e dalle gare o di un pedante, il quale fa la grande scoperta che in un libro vi sia una parola la quale non si adoprava nel Treceuto, o di un altro piú pedante ancora, il quale tutta la sua censura ripone nel finger d’ignorare finanche il nome di uno scrittore che non è suo amico, o di un altro, ecc.? La posteritá, sempre giustissima, condanna tutte queste cose all’obblio. Ma quest’obblio, mentre è giustissima pena per alcuni che lo han meritato, è ingiustissimo per l’Italia, la quale, essendo sempre gran madre di uomini e di cose grandissime, pure si vede da qualche anno in qua condannata quasi al disprezzo delle altre nazioni. — Questo linguaggio conviene egli mai ad un italiano? — Io non lo so nè curo saperlo. So però esser minor male che queste cose dica agl’italiani un altro italiano che li ama, anziché un Lalandc dica con pueril sangue freddo che l’Italia non ha oggi un solo (un solo?) uomo di merito; e che il tragico-comico, drammatico-sentimentale e memorioso Kotzebue tratti tutti gl’italiani da ignoranti, da incolti e quasi da canaglia. E se gl’ italiani avessero piú cura della gloria loro (e, per aver cura della gloria, bisogna aver cura somma del bello, del vero e del buono), tanta insolenza non si vedrebbe».

  • CXVIII. — La malattia di Kotzebue (supplemento al n. 99 e

n. 100; 20 e 21 agosto).

Si veda sopra, pp. 192-5.

  • CXIX. — Sull"accrescimento della ricchezza e della potenza inglese nelle Indie dopo la pace del 1783 (supplemento al n. 101,

n. 102, supplemento al n. 102; 25, 26, 27 agosto).

CXX. — Sul modello di un gruppo dello scultore Camillo Pacetti, rappresentante Minerva che infonde l’anima alla statua scolpita da Prometeo (supplemento al n. 104, 1 settembre). CXXI. — Dell.’influenza degli eroi sulle belle arti (n. 105, 2 settembre). Si veda sopra, pp. 196-200.

  • CXXII. — Discorso letto il io luglio 1804 all’Istituto nazionale di Bologna dal segretario Michele Araldi, Bologna, 1805

(secondo supplemento al n. 106, 6 settembre).