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decimoterzo dell’èra cristiana, la stanchezza de’ mali produsse idee piú giuste, ordini piú moderati, maggior sicurezza, maggior libertá e, con esse, industria, commercio, ricchezza maggiore. Parlando di libertá personale, io prevedo l’opposizione che si può trarre dall’opinione comunemente ricevuta che l’Italia fosse popolata di servi. Ma siam noi convinti di non errare seguendo tale opinione? Gli antichissimi italiani aborrivano nell’agricoltura l’opera de’ servi. «Coli rura ergaslulis pessimum est et quicquid agítur a desperantibus» (*). Non ancora i vincitori del mondo disdegnavano maneggiar l’aratro, e recavansi a gloria esser chiamati «buon agricoltore», nome per essi sinonimo di € buon cittadino» ( J ). Non ancora l’abuso de’ latifondi avea disertata l’Italia e le provincie: il piú gran dono di terre, che facevasi ad un condottiero vincitore, era tanto quanto potea ararsene in un giorno (3), e riputavasi quasi infame il credere che ad un cittadino non dovessero esser sufficienti due iugeri di terrai. Non ancora tre sole persone possedevano mezza Affrica 15 ). I domini eran moderati e coltivati dagli stessi padroni, per i quali era massima santissima quella di abbandonar la dimora della cittá appena avessero comperato un campo (®). Magone cartaginese avea scritto questo precetto primo tra tutti gli altri che egli dava sull’agricoltura, quasi volendo indicare che senza di esso tutti gli altri erano inutili. Un ottimate italiano abitava i suoi campi e si recava a vergogna se dalle tribú rustiche era iscritto nelle urbane ò). A che potea servir dunque l’opera de’ servi? Potevan molti servi esistere in Italia, mentre il di lei suolo alimentava trenta milioni di cittadini; numero che, senza errore sensibile, si può prender pel massimo che l’Italia possa alimentare? Si dovrebbe credere che la coltura (i) Proverbio antico riportato da Plinio, XVIII, 6 .

(j) Catonk, De re rustica, I.

(3) Plinio, XVIII, 4. (4) Idem, ibid. (5) Idem, ibid. (6) Idem, ibid. (7) Idem, ibid.