Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/171

piú perfetti o a miglior mercato (*>. Varrone non trascura di indicar i vari modi di piantar le vigne, di formar le siepi! 3 ). Quando niuna differenza troviamo indicata, è ragionevole credere che i metodi fossero simili. Gl’italiani chiamavan padri della loro agricoltura Saturno e quel Giano, il piú antico tra gl’iddíi del Lazio, al quale la stessa fervida fantasia di Ovidio non trovò, in tutta la mitologia greca, nume che rassomigliasse. Saturno è il piú antico degl’iddii greci: prima di lui regnarono il Cielo, la Terra, l’Oceano.

Ciò vuol dire che in lui finiscono le memorie umane, anche mitologiche, ed incomincia il tempo della natura. Ma i greci fanno l’invenzione dell’agricoltura posteriore al regno di Giove. Saturno per essi non era coltivatore. Cerere fu la prima che insegnò a confidar alla terra il formento; e Cerere giunse nell’Attica dalla Sicilia, donde recò in dono agli ateniesi e l’aratro ed i misteri : l’agricoltura, prima arte, e la religione, prima legge degli uomini, i quali da barbarie passano a civiltá. Queste favole noa potrebbero esser le storie delle due nazioni, e mostrare che l’agricoltura dall’Italia, dove era piú antica, passasse nella Grecia ?

I primi nomi che gli antichissimi greci diedero all’ Italia furono Esperia ed Oenotria. La chiamarono «la terra occidentale», «la terra del vino e del pane». I nomi non si dánno se non per le qualitá particolari. Il primo fu abbandonato tostoché i greci conobbero altre terre egualmente occidentali: all’istesso modo gl’italiani sostituirono il nome di Hispania a quello di Esperia , che prima aveano usato. Il secondo non si sarebbe dato, se in quell’epoca i greci avessero avuto agricoltura.

Non sarebbe stata allora anche essa la Grecia terra del pane e del vino?

Che se dall’etá degl’iddii si vuol discendere all’etá degli eroi, si trova sempre la stessa precedenza. Io non moltiplicherò citazioni: mi basterá una sola, quella di Aristotile, «leslis (1) Catone, De re rustica, 135.

(a) Varrone, De re rustica, I, 14 sgg.