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n. 8541). — Sola ipotesi plausibile è pertanto: 1. che il Moscati nel novembre 1806 invitasse ufficiosamente il C. a tornare a Milano per poter assumere, al momento opportuno, il secondo posto d’ispettore giá lasciato o per esser lasciato dal Castiglione; 2. che il C., scrivendo al fratello, desse il nome di «dimissione» alla sua dispersa lettera al Moscati, in cui certamente dovè dirgli che l’invito giungeva troppo tardi, perchè ormai egli era stato nominato consigliere del Sacro Reai Consiglio («consigliere di S. M. il re di Napoli» lo chiama infatti il Moscati nell’ indirizzo della presente lettera); 3. che il medesimo C., con un’innocente blague, che gli si può ben perdonare, si qualificasse, presso il Ministero di giustizia napoletano, che dovè credergli sulla parola, come giá insignito ufficialmente a Milano d’una carica che gli era stata fatta soltanto sperare. XCVI 1 I. — I biografi non assegnan data a questa lettera. Ma, poiché vi si parla dei ringraziamenti fatti dal C. al re Giuseppe per la nomina a consigliere e della lettera XCVI, è certamente posteriore di alcuni giorni al 27 decerabre 1806.

XCIX. — Dal novembre 1806 al marzo 1807 altro non si sa del C. se non che il 18 decembre 1S06 fu nominato socio onorario della Reale Societá (poi Istituto) d’incoraggiamento, fondato nel luglio di quell’anno. — Il trattamento economico annesso al grado di consigliere era, non di 1500, ma di 3000 ducati l’anno (piú di mille lire il mese). — Sul «giornale napoletano», ossia sul Corriere di Naftoli, e su Tito Manzi, non «segretario di Stato», ma segretario generale del Consiglio di Stato, vedere Nota bibliografica. — Troppo irritabile genus son di solito i letterati perchè si possa supporre nel C. (che peccava piuttosto nell’eccesso opposto) il machiavellismo di cui lo accusa il Giordani. Probabilmente, questi (venuto a Napoli nel decembre 1806 e restatovi qualche mese) chiese cosa che a lui sembrava «facilissima» ed era invece impossibile. — «Mi castigò d’aver letto Platone»: cioè, forse, d’aver fatti chissá quali pettegolezzi linguaioli a proposito dei troppi francesismi e napoletanismi del Platone in Italia. Certo è che nell’abbozzo Sugli studi degl’italiani nel secolo XVIII (Oftere, ed. Gussalli, VIII, 187) il Giordani rimprovera il C. d’avere affermato «non darsi arte di scrivere» e confermato il precetto (che, a dir vero, il C. non formolò mai) «ben con troppe carte». — Tra la presente lettera e quella che segue si supplisca idealmente l’altra, dispersa, con la quale si trasmise al C. il diploma di socio ordinario della classe di scienze morali e politiche dell’Accademia di lettere, scienze e arti di Livorno (13 luglio 1807).

C. — Manca il millesimo. Ma, poiché Michelangelo Cianciulli cessò d’esser ministro di giustizia il 24 gennaio 1809 ( Corriere di Naftoli, u. 345, 28 febbraio 1809) e, d’altra parte, il 18 luglio 1806 il C. si trovava ancora a Milano e il 18 luglio 1808 era in procinto di partir per Baiona (cfr. nota alla lett. CII), data sicura della presente è il 18 luglio 1807. Sennonché delle tre commissioni di cui vi si parla non s’ha notizia da