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ma anzi pericolavano di perdere molto, essendo traspiantati da una lingua dolce ed armoniosa in una piú presto aspra e cruda. Ma il loro contenuto le fa brillare sotto qualunque veste, e l’abito il piú rozzo non può nasconderne la bellezza. Non pretendo di far torto alla mia lingua. Essa ha moltissimi vantaggi, che la risarciscono in parte della dolcezza melodiosa dell’idioma italiano, della quale va priva. La profonditá dei pensieri, lo stile energico e brillante dei vostri scritti, tanti tratti, tante parole dette a tempo, quella mezzo-ascosa delicata ironia che credevo di osservare in molti passi, colpivano vivamente la mia fantasia, e mi persuasero d’intraprenderne la traduzione, onde far noto ai miei compatriotti delle opere, la lettura delle quali mi avevano reso un tanto piacere. So che furono accolti con quella lode che mentono. Fin ora del Platone non publicai altro che alcune lettere: il mio viaggio m’ha impidito di finirlo e ne sono presentemente occupato, che mi vengono fatte delle grande premure, essendo giá che molto tempo che fu annunziato nei fogli pubblici. Poco o nulla è il mio merito in questo, e non posso dir altro a chi me ne dimanda conto fuor che: — Leggete l’originale italiano: la mia traduzione non è che una debole ombra di un bellissimo corpo. — Subito che sará uscito alla luce, procurerò di farvi rimetterne una copia per il mezzo del nostro comune amico Mylius. La traduzione drfl’altra vostra opera è stata accolta con un applauso grande in Germania, ed ho scritto che mi si mandi la critica fattane nei fogli letterari di Jena, eh’è favorevolissima. Al momento che la riceverò, ve ne farò partecipe. Sommamente grato mi sarebbe se vorreste avere la bontá di farmi partecipe delle annotazioni onde, come mi fu detto, che avete amplificato la vostra opera... LXXIII. — Al segretario di Stato Luigi Vaccari. — Milano, 2 gennaio 1806. — Dal signor ministro dell’Interno ricevo lettera in data de’ 30 dello scorso, colla quale mi si dice che tanto io quanto i miei compagni nella compilazione del Giornale italiano cessiamo di esser dipendenti da quel ministero e che, ove occorressero schiarimenti per le occorrenze ulteriori, mi dirigessi a Vostra Eccellenza.—Questi schiarimenti sono indispensabili, perché tanto io quanto i miei compagni non sappiamo cosa fare. Il ministro dell’Interno ci lascia; dalla vostra segreteria non ci è stato detto nulla; Agnelli non ci ha parlato, e solo ci ha mandati i fogli. Ma questi fogli indicano un lavoro che si richiede, e non giá le