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i tempi che seguirono la tua partenza. Tutto fu errore nelle massime, e nell’esecuzione delle massime tutto fu corruzione. Ma tu ritorni. Simile al raggio del sole che spunta dal mare ed in un istante fende gli immensi campi dell’aria ed indora le cime de’ monti piu lontani, scorse per tutt’i confini dell’Italia la nuova del tuo ritorno, del tuo arrivo, della giornata di Marengo. La speranza rinasce ne’ petti degl’italiani. Essa crebbe quando [vittorioso! degnasti [caricarti] della cura della nostra [patria. Dopo che] hai viste le sponde [del...] ed hai vinto, chi ormai potrá piú estinguerla? I cori degl’italiani son sempre gli stessi. Compi, o magnanimo, la tua impresa, e l’Italia sará. Te, in questo, piú felice di Teodorico e di Carlo, ai quali mancò solo una progenie migliore e piú atta a conservar l’impero che essi avean fondato, te circonda numerosa famiglia, nella quale vive il tuo nome e lo spirito tuo; tanto piú degna di te quanto che non è data dal caso ma dalla tua scelta. È tiglio della tua scelta l’ottimo principe che hai donato all’Italia, e che ne forma dopo di te il piú tenero affetto e la speranza migliore. Deh! prosegui ad amar, siccome hai fatto finora, questa Italia, che ne è ben degna, né sará ingrata all’amor tuo; e siedi nel tempio dell’immortalitá tra Camillo, Scipione, Cesare, Tito, Traiano ed Antonino, maggiore di tutti per sapienza, per virtú, per grandezza d’imprese ed unico cui si rivolgan gli sguardi e si indirizzin le lodi de’ piú sublimi spiriti e piú gentili che abbia mai prodotti la terra. Tu [stabilirai un nome, a creare ed [.il quale] sono state necessarie le virtú di duemila eroi, ed a lodarlo ed onorarlo si è occupato l’ingegno di duemila altri: tu riunisci in una sola azione le virtú di dieci secoli ed in un solo momento venti secoli di gloria. Dopo quella di salvatore dell’Europa, non vi è gloria maggiore di quella di ristorator dell’Italia. LXXIl. — Di Enrico Keller. — Roma, 1 gennaio 1806. — La vostra gentilissima lettera m’ha fatto una sorpresa ugualmente inaspettata e grata. Acetto con somo piacere l’offerta della vostra cara amicizia, e prezioso m’è un tal dono dalla parte d’un uomo che s’è distinto cosí favorevolmente nel regno delle belle lettere. Ma, anziché aver ineritati i vostri ringraziamenti, dovrei chiedervi scusa per essermi preso, senza la vostra licenza ed ancora senza la vostra intesa, la libertá di tradurre le vostre opere, ch’eran degni d’essere trattati d’una penna piú degna della mia. Non potevano acquistare di piú con questo cambiamento d’idioma,