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il primo colla sua divina eloquenza persuader l’altro a deporre la tirannide e restituire la libertá ai cittadini. Quanto sarebbe stato bello e quanto degno della vostra penna questo episodio! Tutti i meriti attribuiti a Platone mi sembrano sublimemente coronati da questo fatto. Dubitereste che un tal dialogo fra Platone e Dionigi potesse esser creduto un’allegoria? — Altro desiderio. Nell’ultima lettera dell’«agricoltura sannitica» o «della morale agricola», non si poteva egli dar luogo alla politica dei sanniti? È vero che sappiamo poco del loro governo civile, ma il filosofo da pochi dati crea e trova il vero. E, in quanto a quei popoli, mi perdonerete se io stimo che fossero piú colti di quello che comunemente si crede da coloro i quali pensano di trovare solo il bello morale tra la rusticitá e l’ignoranza. — Come lo proverete? — volete dirmi. Mi basta veder lo stato delle belle arti e la scienza del governo per giudicare favorevolmente della coltura d’una nazione. Sono medaglie sannitiche quelle de’ frentani e quelle di Capua, e sono pure elegantissime. Se tali non sono quelle di Caio Papio Mutilo è perché i sanniti non avevano piú zecche, e perciò furono di artefici romani, come si vede dall’ indole delle medaglie medesime. E qui vi dirò una mia opinione, cioè che le monete capuane ci dánno le prime la differenza di conio che ci dev’essere fra le monete e le medaglie, queste dovendolo avere piú rilevato e quelle piú basso. Or a questo proposito vi dirò che dalle monete ho argomentato sempre la maggior antichitá della civilizzazione nell’Italia che nella Grecia. Questa non ebbe mai monete incise come le nostre di Sibari, di Cacelonia, di Pesto, e non in scrittura bustrofedòn , come fra noi furono frequenti. Né ebbero mai quella specie di monete che i romani chiamarono «aes grave» e che furono fra noi antichissime. Avete rilevato benissimo con Aristotile che l’uso dei banchetti o delle cene pubbliche passò dall’Italia alla Grecia; ma altre simili usanze, di cui ora non mi ricordo, fecero pure una tale trasmigrazione. Ed i nostri vasi etruschi non sono pur essi un prodotto nazionale e d’una antichitá si remota, che passavano per pregevolissime anticaglie anche ai tempi di Cicerone? e quali progressi nelle arti del disegno non mostrano? — Ma oimè! dove son io trascorso? Vorrei però lusingarmi che queste ciarle vi possano servir di stimolo a soddisfare alcuno dei miei desidèri. Se sceglierete il primo, tanto meglio; se gli altri, ancor bene. E, in qualunque modo, mi comproverete sempre piú che mi amate...