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separata da tutte le altre. Se don Giuseppe amerá saperla con un poco di profonditá maggiore, potrá col tempo leggere Montucla. Il prezzo di Appiano Buonafede è di trentacinque carlini... III. — Al medesimo. — Napoli, 16 giugno 1792. — ... Per ciò che con tanta serietá e con aria di tanta importanza Giuseppe nostro e gli altri negozianti di Civita, a proposito della fiera di San Giovanni, hanno fatto scrivere, io e tutti gli altri, a’ quali ho letto la lettera, non abbiamo fatto altro che ridere. Di qual prammatica temete? Quella, che si è pubblicata costá, non è altro che un bando del caporuota Porcinari a consulta di Sua Eminenza l’arcivescovo di Napoli, il quale, avendo ventimila ducati l’anno, non capiva come la gente avesse bisogno di faticare ogni giorno per vivere e credeva che Dio si serve meglio stando ozioso in una cantina o in un bordello che facendo in bottega il suo dovere. In Napoli la gente di buon senso rise, gli artisti reclamarono, i consiglieri delegati rappresentarono ciascuno per il suo mestiere: la conseguenza ne è stata che l’editto è rimasto, ma le cose sono nel piede di prima. Le botteghe sono aperte, i parrucchieri pettinano, i sartori lavorano fino a mezzogiorno: l’editto è stato obliato. In provincia la cosa si è forse considerata sotto altro aspetto, e forse va bene, perché è sempre lodevole l’osservanza delle leggi, né costá vi sono i motivi medesimi che possono giustificare l’inosservanza. Costi la sussistenza è piú facile; la scarsezza degli oggetti, la restrizione de’ luoghi danno ’ piú tempo di avanzo, e, potendosi vivere e negoziare in altri giorni, è un disprezzo quello di non santificare la festa. Ma nella fiera voi siete nello stesso caso di Napoli. Il concorso della gente; il guadagno, che non si può rimpiazzare in altri giorni e che talora deve formare la sussistenza di un anno; la facilitá del negozio, che non si ritrova in altri giorni: tutto ciò dispensa dalle leggi, le quali non sono mai contrarie alla pubblica utilitá. 11 precetto della santificazione delle feste è piú antico di Mosé; ma, ciò non ostante, le fiere, fin da Mosé, sempre ne’ giorni di festa hanno sussistito: esse non potevano sussistere in altro giorno. Tutti i motivi addotti sopra hanno mosso i legislatori a permettere le fiere nelle feste: voi soli troverete tra questi due oggetti quella contradizione che per tanto tempo nemmeno da’ papi si è osservata? Si persuadano i negozianti di Civita: facciano pure la fiera liberamente; facciano buon negoziato e molto denaro: questo è il piacere del governo. Non mettano in controversia ciò