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I. — Di Giuseppe Maria Galanti a Michelangelo Cuoco. — Napoli, 4 settembre 1790. —... Mi è riuscito di molta meraviglia il sentire che suo figlio don Vincenzo non le scrive... Il medesimo sta in buona salute e da quindici giorni a questa parte per lo piu dimora in casa mia in Casoria, dove mi accudisce a preparare i materiali del quarto volume della Descrizione delle Sicilie. Il medesimo venne ieri mattina da Casoria, ed ivi ritornerá meco questa sera per trattenersi fino a giovedí la sera del 9 corrente... Una certa inerzia domina nel carattere di suo figlio. Il medesimo è un giovane capace, di molta abilitá e di molto talento; ma è molto trascurato ed indolente e poco attivo, di che sono afflittissimo. Mio fratello A. Ezecchiele fa le medesime doglianze. Sopra tutto io e detto mio fratello siamo angustiati di spirito al vedere come comparisce il detto suo figlio don Vincenzo e quanto gli sia lontana la polizia. Noi siamo nella credenza che il medesimo sia un essere interamente abbandonato da’ suoi e che poco o niente gli si mandi per mantenersi in Napoli...

II. — Al padre. — Napoli, 27 novembre 1790. — ... Mi son posto di professione a fare il paglietta. Galanti lo coltivo, ma non Io servo piú con quella assiduitá di prima. Vado procurando di acquistare negozietti da ogni parte. Ne ho due da due casali di Napoli... Al signor don Giuseppe Sanges che posso io dire? Egli mi obbliga al maggior segno, quando crede da tanto il mio giudizio, che lo consulta cosí da lontano e dice volervisi riposare interamente. Ringraziatelo da parte mia, e, per ciò che riguarda una storia filosofica, gli potrete dire che bisogna sempre distinguere