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non si esaurisce mai. Sostate ogni giorno: se la mia compagnia non vi dispiace, vi dirò qualche altra cosa. Tutti gli ateniesi io li amo, perché, oriundi dall’ Egitto, li reputo miei fratelli ; e voi meritate sopra tutto di esser amato, perché coltivate la sapienza. — Solone, nei vari colloqui che ebbe col sacerdote, s’istruí a fondo sulla vera sapienza; ed, essendosi dato allo studio della storia, tornato in Grecia, divenne quel savio legislatore, la di cui memoria sará eterna ed il di cui esempio sará sempre imponente. Tutto ciò che disse il savio sacerdote a Solone non fa mestieri ricordarlo ai nostri contemporanei, perché essi lo sanno; ma si vorrebbe che lo mettessero in prattica. Lo spirito del nostro secolo sembra allontanarci dalla storia c darci tutti allo studio de’ sistemi, che ci ha invasati. La natura non si osserva; o, se si osserva, vi si vede non ciò che realmente vi è, ma ciò che i nostri príncipi vi ci mostrano. Con questo spirito si scrivono tante storie filosofiche e politiche. Ma che sono ? La maggior parte di esse meritano appena il titolo di «romanzo della storia». L’indicare questi concetti, ed il mostrarne partitamente i loro difetti con genio e spirito, è un’impresa utile, ma molto lunga e dipendente da principi che non possono esporsi in un discorsetto fatto in questa accademia. Ci contenteremo di una sola osservazione, che mostra tutta la veritá della mia proposizione. Io ho letto in un autore, che per altro io stimo moltissimo, che la storia non impegna a discussioni della veritá de’ fatti, perché, sieno o no veri, resta sempre certa la massima. Che si può sperare da uno studio incominciato con questo pregiudizio? I nostri piccoli spiriti moderni si vantano di lasciare le pedanterie de’ critici e de’ cronologisti e d’imitar Polibio c scrivere come Tacito. Tacito! Polibio! Ma di questi il primo sta continuamente sull’esame della veritá de’ fatti ; il secondo ha veduto ciocché racconta e lo racconta come lo ha veduto. Cartesio, il restauratore delle nostre conoscenze, non amava la storia, perché non volea libri, ma ne inculcava lo studio.