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CONCLUSIONE.
E questo è quanto a noi è sembrato piú necessario di sottoporre all’alta intelligenza di Vostra Maestá per render ragione
del piano che abbiamo adottato per la pubblica istruzione.
Abbiamo scorse tutte le parti dell’umano sapere e dell’agire,
e tutte le abbiamo ordinate a quel modo che da noi si è creduto migliore, perché l’uno e l’altro si perfezioni.
Ci siam sopra tutto occupati delle arti tanto utili quanto
belle; ed osiam dire a Vostra Maestá che in niun altro regno
l’ingegno degli abitanti avrá per esse tanti mezzi d’istruzione.
Questo Regno, sotto i vostri auspici, o Sire, tornerá per questa
parte ad essere, qual era una volta, ricco egualmente pei doni
della natura e per l’industria de’ cittadini; e sará questo l’unico
modo di fare una guerra efficace ai superbi manufatturieri, nemici di tutto il continente e potenti non per altro che per
P indolenza degli altri popoli, i quali tollerano che i doni della
natura, fatti al loro bel clima, ricevano tra le nebbie del Tamigi le forme adatte agli usi della vita. Questo solo vostro
popolo potrebbe fornire alle loro manifatture piú che ogni altro
popolo dell’Europa; questo solo, per l’opportunitá del suo sito,
può rapir loro la piú gran parte del lucrosissimo commercio
del Levante, delle Indie e dell’America, per la facilitá che
avrebbe di acclimatizzare nel proprio paese varie delle piú preziose piante esotiche; piante sulle quali gli esperimenti si erano
incominciati, con felice successo, fin dall’epoca di Carlo quinto,
dall’illustre Ambrogio di Leone (tanto la coltura è antica in
questo Regno!), ma che poi, per l’infelicitá de’ tempi, sono stati
abbandonati. Qui prospera il cotone; qui abbonda l’indaco, da
cui pure non si trae alcun profitto; qui l’antica porpora tarantina
si potrebbe sostituire alla cocciniglia; e che no?