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LV

Di Cleobolo a Platone
Ragionamento di Attilio sull’agricoltura

[Attilio di Duronia — Sua figlia — Sua villa — Suo discorso — Nella sua gioventú aveva atteso soltanto alla politica e alle guerre — Poi cominciò a dare a mezzadria una parte delle sue terre, coltivando da sé quelle soltanto che gli riusciva — Per tal modo arricchí — Com’egli ottenesse e perdesse immaturamente la moglie Claudia — A causa di lei si die’ all’agricoltura — Il piú insigne elogio, che si possa fare a un buon cittadino, è di chiamarlo buon agricoltore — Allora soltanto che dall’erramento ferino gli uomini passarono all’agricoltura, essi cominciai mo ad avere una patria — Sapientissimo tra gli uomini sarebbe chi scoprisse in una volta sola tutto quel che si conosce anche dall’ultimo tra gli agricoltori — L’uomo ha dovuto cominciar dal rapir la terra agli animali e dal vincer la natura — Questa altro non aveva somministrato che i primi semi delle cose — Quanto difficile Tesser giunti a conoscere la natura intrinseca delle piante — Varia natura delle foglie e delle radici — Eterna rinomanza di Licinio per aver introdotto nel Sannio l’ulivo.]

Hai tu conosciuto mai alcuno di quegli uomini devoti, i quali tengono in casa loro una picciola statua di Giove, a cui fanno orazioni e si raccomandano ne’ loro bisogni; e talora avviene che, nel fervore delle loro pie contemplazioni, quella picciola statuetta acquista ai loro occhi nuove forme e nuova vita, e par che mova gli occhi e faccia cenni colla testa e colle mani ; e, continuando a scaldarsi la fantasia, appoco appoco la statuetta s’ingrandisce, e prima eguaglia il Giove di Olimpia, poscia lo supera e quasi tocca colla testa le nuvole; e l’uomo giura di aver visto Giove vivo e vero, che sostiene con un