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nitá. Fin da allora quegli scrittori amavan grandemente la patria (sia pure ristretta agli angusti confini del Regno di Napoli); fin da allora la volevan forte, florida, lavoratrice; e la vedevano intanto molle, oziosa e sopra tutto priva di «spirito pubblico», cioè di quel senso etico-politico, «impresso dalla natura e sviluppato dalla ragione, che ci fa preferire l’onesto all’utile, i nostri doveri a’ nostri vantaggi, la salute della patria alla nostra esistenza» (*). Da che, con processo analogo a quello degli ideologi francesi, a cui non mancavan di fare appello (*), la loro creazione semifantasiosa d’un’«etá dell’oro» della storia italiana, durante la quale gl’italiani sarebbero stati «virtuosi, potenti e felici»( 3 ), Naturale, pertanto, che, in codesto stato d’animo, accentuato dalle catastrofi del Novantaquattro e del Novantanove, per le quali i patriotti napoletani cominciarono a sentirsi non piú soltanto «regnicoli» ma anche e sopra tutto «italiani», il Nostro finisse col creder vichiana una concezione pseudo-storica eh’è in perfetta antitesi col pensiero del Vico. La cosa è tanto vera che bastò che la passione politica tacesse un momento in lui, perché, con evidente contradizione (eh’ è implicita autocritica), il Cuoco scrivesse che «i popoli caduti in bassa fortuna o pèrdono nella miseria ogni energia, si avviliscono e venerano come maestri quelli ai quali ubbidiscono come signori; o, se pur resistono alla fortuna, oppongono all’avvilimento presente la memoria della grandezza antica, e, per vendicarsi della sorte, calpestano la veritá» (4). 3. Tesi pedagogica. — Perché l’Italia ritorni alla grandezza del suo passato, è necessario prima di tutto che risorgano negl’ italiani «quella morale pubblica, quello spirito d’unione, quell’amor di patria» e sopra tutto «quell’amor di milizia, che finora non hanno avuto» (s).— (1) Cuoco, Scritti varit I, 115 sgg.; II, 284. (2) Galanti, Contado di Molise , ediz. 1781* p. 130: «Lo stato de’ popoli antichi d’Italia era forse soggetto piú degno della penna di M. Rousseau». (3) Presente ediz., I, 3. E il Galanti a sua volta: «1 popoli antichi d’Italia conobbero forse la minore imperfezione politica, eh*è il mezzo fra gli eccessi della rozzezza e della barbarie e fra i progressi della coltura e della corruzione» (Contado dt Molise , I. c.). (4) Scritti vari , II, 260. (5) Cosí il Cuoco medesimo in una lettera al principe Eugenio in cui accenna agli scopi pratici del Piatone . Cfr. Scritti vari í II, 337.