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di tempo la storia propria; perché è impossibile che una nazione sia interamente isolata sulla faccia della terra, ed è impossibile aver cronologia esatta, se essa non è quanto piú si possa generale. Quindi è che l’uno e l’altro tratto tratto si oppongono alla vanitá greca; tratto tratto rimproverano ai greci l’ignoranza delle cose straniere ed emendano gli errori ne’ quali viveano sulle medesime; ed a vicenda sono tratto tratto derisi dagli scrittori posteriori per la bella passione onde eran presi per l’Italia e per l’Egitto. Tutto ciò dunque che nella storia greca, e specialmente nella storia della filosofía, è anteriore a Tucidide, Platone ed Aristotele, tutto è dubbio, incertezza, oscuritá. Questi sui pittagorici non ci han tramandate se non pochissime notizie. 11 dippiu devesi raccogliere da scrittori non solamente posteriori ma vissuti in epoca nella quale erasi estinta ed interrotta quella tradizione che sola può conservare la fede della storia e render vicini li secoli piú lontani. Imperciocché (io ripeto quello che giá di sopra ho accennato) non è tanto la lunghezza de’ tempi che rende la storia degli avvenimenti incerta ed oscura, quanto la barbarie e l’ignoranza de’ secoli che sono di mezzo tra l’avvenimento e lo scrittore, per la quale si distruggono i monumenti e s’indebolisce quella memoria di cose, la quale è nell’individuo il fondamento della sua identitá e può dirsi esser nella specie la vera coscienza del genere umano. Quando questa si estingue, i fatti e gli avvenimenti, che precedono tale estinzione, diventano come se appartenessero ad altri uomini e ad altro mondo. Quindi è, per esempio, che piú facile molte volte ci riesce determinar l’epoca e le circostanze di un fatto dell’antica storia romana che di un altro de’ mezzi tempi. Quindi, ogni volta che o l’avvenimento è seguito in tempi di barbarie, o che la barbarie sia tra gli avvenimenti e noi, le narrazioni de’ fatti sono discordi, alterate, incongruenti nelle varie loro parti. E si può stabilire per canone indubitato di critica la seguente massima: ogni volta che le tradizioni sono troppo discordi, incoerenti, meravigliose, convien dire che o l’avvenimento sia accaduto in tempi di barbarie, o che tra l’avvenimento e noi sievi stato di mezzo un periodo di barbarie e d’ignoranza, che ne abbia alterate le memorie. Questo è un canone di Vico; ed io credo che possa appena sofi’rir qualche eccezione, ove si tratti di fatto tale che di sua propria natura sia o incerto o coperto di oscuritá. Cosí, per esempio, anche in un secolo di moltissima luce, si possono ignorare