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In nessun’altra cittá d’Italia questi, non eupatridi, ma eumatridi, sono tanto superbi della loro origine. Essi disprezzano tutti gli altri, e poi si disprezzano a vicenda tra loro. Coloro, i quali discendono dalle cento famiglie che fondarono Locri, si credono superiori agli altri (O. — Voi sicuramente appartenete alle cento famiglie di Atene — mi diceva uno di essi. — In Atene non vi sono queste cento famiglie. — Quante ne contate? — Nessuna. — In Atene sono dunque tutti nobili? — Lo saranno: ove non vi è nessuno che si distingua per tale, lo saranno tutti. — Questa mia risposta però so che non è piaciuta al nobile locrese, e la ha raccontata, non solo ai cento, ma anche ai mille, dicendo loro che io era un uomo pericoloso, perché veniva da un paese dove non si conosceva nobiltá. Se io curassi ciò che egli ha detto o vorrá dire di me, gli potrei rispondere: — Tu sai la tua origine. I genitori tuoi erano figli di bagasce e di schiavi. Sai l’infame tradimento che i tuoi maggiori fecero agli antichi abitatori di questo suolo, quando, accolti con ospitalitá sul lido del mare, giurarono di esser amici, «finché i loro piedi avessero calpestata quella terra». Gli abitatori si riposarono tranquilli sulle parole di un’amicizia eterna, perché eterna credevan la terra che era sotto ai piedi de’ loro ospiti. Ma questi intanto aveano tra i piedi e le scarpe dell’altra terra, della quale intendevano di parlare e che la notte tolsero, e scannarono gli amici, che dormivan tranquilli sulla fede del giuramento (2). Io non so se sia gloria discender da schiavi, da adultere, da traditori. So che questa vostra stolta gloria vi ha sedotti, vi ha fatto impazzire. Per aver parente un re, avete data una vostra cittadina in moglie a Dionisio, gli avete dischiuse le porte della vostra cittá, siete diventati suoi (1) Polibio, XII. (2) Polif.no.