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interamente liberi? — Che ne avvenne? Passammo da licenza in licenza. Tutto arse di sedizione, di delitti, di distruzione. Fu incendiata la mia casa, furon devastati i miei campi, ho perduta una moglie che adorava, e non mi rimane che una vita e questa figlia, che me la rende e piú cara e piú miserabile. Cercherei invano nella mia patria un soccorso. Le sedizioni chiudono colla miseria tutte le vie del lavoro e colla corruzione tutte quelle della pietá. A chi mi rivolgerei io? Il maggior numero de’ miei concittadini è piú misero di me. Alcuni pochi, che non son tali, mi compassionano e mi dicono: — Ma che vuoi tu mai? La rivoluzione è finita. Hai tu guadagnato qualche cosa? tanto meglio per te. Hai tu perduto tutto? tanto peggio. Ma la rivoluzione è finita. — Essi dicono il vero: la rivoluzione è finita. Dovea pur finire una volta! So che molti non pensano come me: pare che abbiano un segreto per non temer le rivoluzioni e per convertirle in loro vantaggio... Io, che non ho questo segreto, di una rivoluzione non aspetto che la fine. Tutti sappiamo donde si debba incominciare: chi sa dove si debba finire? S’incomincia per riformare, si finisce per distruggere. Io sono un infelice: non mi rimane che la sola vita; ma per Giove! e mi tolga, se io mentisco, questa vita che mi rimane; per Giove! vi dico che l’uomo grande non è giá chi incomincia, ma bensí chi finisce una rivoluzione. — Allora Platone: — Consolati, o virtuoso: tra tante sciagure, tu hai conservato ciò che gl’iddii posson dare agli uomini di meglio, la mente. Tu hai compresa finalmente una gran veritá, cioè che il vero dovere di un uomo non è giá quello di parteggiare per ordini nuovi, ma bensí di saper morir per gli antichi. Molti mali sono avvenuti nella tua patria per le follie de’ tuoi concittadini. Vi siete divisi dai lucani, e siete divenuti piú deboli, nel tempo istesso che son divenuti piú forti i nemici. 1 siracusani si sono impadroniti de’ piú comodi empori, de’ piú forti castelli delle vostre coste (*). Avete depredate molte (i) Grimaldi, volume II.