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IV

Di Cleobolo

[Tarantini e ateniesi — Tarantini e spartani — Dialetto dorico — Greci d’oltremare e greci d’Italia — Destino degli italiani diverso, secondo che saranno divisi o uniti.]

A me piace paragonare tra loro i vari costumi di popoli. Noi greci troppo facilmente disprezziamo quei costumi che non son nostri. Che ne vien mai da questo stolto disprezzo? Noi chiamiamo tutti gli altri popoli «barbari», e gli egizi chiamati noi «fanciulli».

Tra i tarantini e gli ateniesi non vi è certamente tanta differenza quanta se ne osserva tra gli ateniesi e gli egizi. Hanno essi e linguaggio e iddii comuni, e piú frequenza di commercio, che rende comuni anche molti dei loro usi: sono egualmente volubili, sono egualmente ciarlieri, e leggieri egualmente.

Raccontasi che una volta i tarantini rassomigliassero agli spartani, dai quali traevan origine1. Se ciò è vero, è forza dire che i loro costumi sono di molto degenerati. Oggi di spartano non ritengono che il costume di aver i sepolcri entro la cittá ed il linguaggio, il quale è dorico, del pari che in tutti gli altri paesi dell'Italia e della Sicilia. A noi attici, e molto piú ai ioni, non può piacere un parlar troppo corpulento, che in ogni sillaba mette un «a» o un «o», e sostituisce ad ogni lettera aspirata una lettera tenue. Ma gli abitanti lo credono il piú antico; quello stesso che parlava il padre Doro prima di generar Elleno ed Eolo e tutti noi altri, quello con cui cantava

  1. LIVIO