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Ma ciò non è ancor tutto. Noi abbiam giá date le leggi alla nostra cittá. Esse debbono esser universali, perché comuni; debbono essere eterne, perché dipendono da un ordine eterno. Non ha leggi quella cittá, nella quale per ogni accidente si voglia fare una legge; non ne avrá mai quella, in cui la legge si voglia occupare non di ciò che sempre, ma di ciò che due o tre volte suole avvenire. Le leggi, stabilite una volta, hanno necessitá di uomini i quali veglino alla loro esecuzione, hanno bisogno di una mente la quale le metta in attivitá. I nostri maggiori narrano che nell’origine di tutte le cose gli uomini erano sotto l’immediato governo di Dio; e questa è quella etá di virtú e di felicitá, che i poeti chiamano «etá di Saturno». Ma. non potendo la materia resistere a quell’intrinseco moto che la portava a disordinarsi, gli uomini corrotti deviarono dalle antiche leggi, ed il mondo sarebbe perito, se Dio non avesse tratto dallo stesso disordine, che si era introdotto nel medesimo, i rimedi ai mali che ne nascevano. Ed allora fu che venne la ferrea etá di Giove, quando Iddio ottimo massimo affidò il governo di tutte le cose agl’iddii inferiori, conservatori e ministri delle eterne sue idee, ed a quelli uomini che noi onoriamo col nome di «magistrati» e che sono, come diceva Omero, i «pastori de’ popoli», direttori e nudritori del gregge umano. Né, tra i benefici che Iddio ha concesso agli uomini, è il minore quello dell’autoritá civile data a questi pastori e direttori, senza i quali il genere umano ben presto, per vicendevole guerra, si distruggerebbe. Il diritto di costoro vien da Dio, perché esiste nell’idea eterna dell’ordine universale la necessitá dell’autoritá loro. Il primo loro dovere è quello di comandar secondo le leggi, perché, solo comandando secondo le medesime, essi adempiono la volontá di Dio, che è quella di vedere eseguite le sue idee, e la volontá de’ popoli, che è sempre quella di esser felici. Colui, che abusa di una tirannica autoritá, tradisce Iddio ed i popoli. Troverá talvolta de’ vili adulatori, i quali, rammentandogli l’origine divina della sua autoritá, gli diranno che il delitto non è giá nel potente che nc abusa, ma nel debole che