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Allora Lisida passò in Grecia. Tl virtuoso amico sperava che, calmata la tempesta, gli ordini si sarebbero ristabiliti (O. Speranza fallace! Egli è morto lontano dalla sua patria e dai suoi amici, dopo avervi dato Epaminonda, ed avervi dato in lui l’utile esempio di quanto possa la sapienza a render gli uomini migliori e le cittá piú felici. Lisida, in Grecia, si era tutto dato alla educazione della gioventú. E che altro si può far di meglio, quando un popolo, per mancanza di buoni costumi, è divenuto intollerante dei buoni ordini? Mi si dice che Lisida era sdegnato contro Ipparco, perché aveva rivelati i nostri segreti. Io credo che egli fosse sdegnato per l’avarizia colla quale Ipparco, Teodoro di Cirene ed Ippocrate di Chio hanno venduto dò che non si deve dare se non in dono: la sapienza ( 2 ). Disciolti i collegi, voler conservarne i segreti è follia; e Io stesso che voler confermare inutilmente i sospetti che il popolo avea concepiti contro di noi. Il consiglio piú prudente è quello di dire ai nostri concittadini, agl’italiani, al mondo intero: — Voi ci avete accusati, perseguitati, distrutti; e perché? Ecco quello che noi pensavamo, ecco quello che preparavamo per voi, e, se non l’aveste impedito, ecco quello che avressimo fatto. — Almeno, dopo tante sventure sofferte, dopo tante speranze perdute, mi consolava l’idea die qualche l>ene sarebbe pur nato un giorno da quei condii nazionali, che voi vedete stabiliti tra molti popoli e cittá dellTtalia, e che si debbono a quell’amor di patria che i nostri neanche nell’esilio seppero obbliare. Quando si trattò delle condizioni del loro ritorno, gli esuli chiesero che si stabilisse tra le cittá dell’Italia quella stessa federazione che eravi tra le cittá degli achei. Gl’italiani, stanchi per i mali sofferti, pattuirono una lega per la comune difesa, e fu sancita colla pena di morte contro i capi di quella cittá che ricusasse di prestar aiuto ad un’altra, che venisse attaccata da un nemico comune. Gli achei furono gli autori del consiglio, (1) Epistola Lysidis, in Gale, Opusculo mitologica. (2) Fabricius, Bibliotheca Gracca, voi. I.