Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
18 |
Francesco Maria da la rovere perfetino lo fece duca de Urbino e più fece molti perlati soe cardinali e arcivesci e episcopi abati protonotari Il priore di Roma tuti citadini de Saona e piu ogni ano mandava una quantita de ducati ala comunita di Saona li quali se doveseno spendere in la fabrica de lo molo de lo porto de Saona E li saonezi per insegna dove se principio a spendere li denari su lo molo ge feceno metere due grande arme de marmoro bianco1 con le
- ↑ Di questi stemmi non si ha più traccia. Due stemmi di casa Rovere, uno di Sisto IV, l’altro di Giulio II, esistono tuttora nell’esterno del Palazzo
dalla Comunità per siffatta ambascieria ne daremo memoria, ricavandolo dall’Archivio Comunale, Lib. d’ Amministrazione 1504, 31 Gennaio cart. 193. Spese per 4 vesti di velluto cremesi agli ambasciatori per Roma al Pontefice, col patto di venderle poi all’asta pubblica al loro ritorno a vantaggio del Comune. Il detio velluto costò L. 5 di Genova al palmo per il Pisa e il Bruschi, per il Chiesa L. 5,5, per il Ferrero L. 5,2, vi entrarono palmi 286, in tutto moneta di Savona L. 3739,0,10. E per fodrature di Dossi N. 400, al Chiesa con pellicce bianche N. 18 alle maniche L. 143,1; per zibellini 6, posti in profilo alle vesti, L. 70,10; e per fatture L. 33,10 e L. 10,3 altre spese. 1504 Marzo Cte 68 detti ambasciatori spesero L 4000. 1504 detto mese Cte 75. Gli stessi spesero per 14 muli carichi L. 1028,16.
(2) Sono abbastanza noti alla storia, per ripeterli qui in una breve postilla, i nomi dei molti della Rovere che da Sisto IV e da Giulio II furono innalzati ad alte cariche ed a sonime dignità ecclesiastiche. Fra questi vanno annoverati pur quelli che alla Casa Rovere appartenevano per parentele e che in seguito presero l’istesso casato della Rovere, come i Giuppo, Basso, Riario, Vegerio, i Gara, i Grosso, i Franciotti. Questo nepotismo, colpa le tante volte rimproverata ai Papi, non sempre fu sola avidità di far grande la famiglia, ma, tenuto conto del carattere dei tempi, il più delle volte fu accorgimento politico anzi necessità di stato, nella incerta fede e nelle frequenti slealtà di quei tempi nei quali il tradimento politico lodavasi perfino da sommi scrittori come opera avveduta, e quasi come prova di virtù, quando la fortuna coronava il tradimento.