Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
13 |
un d’essi sull’inizio del seicento era in casa di Alessandro Abate, più tardi si veggono tutti e due in potere di Gio Agostino Gavotto. Quindi ne perdiamo la traccia, e neppure ci è dato conoscere con sicurezza come sieno entrati nella Biblioteca Universitaria di Genova. Non vi erano ancora nel 1855, quando l’Olivieri pubblicò la sua descrizione de’ manoscritti liguri. Caduti in mano di qualche malaccorto impiegato, non seppe rilevarne il contenuto, e li registrò con un titolo erroneo, onde sfuggirono alle ricerche degli studiosi, specie savonesi, che li stimarono smarriti.»
Ci spiace dissentire pur in quest’ultimo giudizio del dotto bibliografo Achille Neri, ma il G. B. Belloro lo conosceva di certo, poichè, oltre al risultare da parecchi tratti di sue schede inedite, ne riporta pure un brano scrivendo della distruzione del porto di Savona, nel Giornale Espero, però, come è costume del Belloro, non ne cita l’autore.
Soddisfatto ora, per quanto mi fu possibile, al modesto compito che mi ero proposto nel presentare al pubblico il nostro Cronista, è tempo ch’ io deponga la penna, per appagare la giusta curiosità del lettore, d’intrattenersi piacevolmente non meno che utilmente coll’ingenuo e disadorno suo racconto.