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parte in questi anni d’una compagnia d’archibusieri che s’era formata tra popolani.
Facilmente si risentiva delle offese e non tollerava mosche al naso, nel 1524, a proposito di un capitano del Borbone, che verso lui trescava più del dovere, scrive: lo mio bastone lo asonse sopra la mano e ge fece molto sfregio (ms. p. 39), ne ancor sembravagli averne avuto completo il fatto suo col condattiero che voleva rifarsene, se a più miti consigli non fosse stato ridotto da certi compaesani di Lavagnola. In altro momento ha che ridire con un suo concittadino di parte Fregosa e la mano corre pronta alla spada. Insomma, era uomo d’azione e lo troviamo tra fazioni partigiano degli Adorni, e attore in difficili contingenze della Comunità.
Era pure versato nell’aritmetica o, come lui scrive, arismetico avendoci lasciato in altro Codice, che pur si conserva nella R. Biblioteca dell’Università di Genova, un trattatello di regole di Aritmetica ed un altro di Geometria. Ha quindi incarico dal Comune, al passaggio di parte dell’esercito del Borbone, di tener conto della presa dei fieni requisiti ai cittadini per esserne poi indennizzati (ms. p. 36).
Egli stesso ci dà notizia d’aver assestati nel 1559, come uno dei maestri razionali, i conti degli estimi pagati dal Comune di Savona a quei proprietari che rimasero danneggiati nella demolizione delle molte fabbriche operatasi, quando dai Genovesi