sia di vedere spettacoli, salvo la volta che sei andato all’Istmo1; ma non sei andato mai altrove, eccetto come soldato in caso di guerra2; nè hai fatto mai alcun viaggio come gli altri uomini; nè mai ti prese vaghezza di vedere altre città nè altre leggi: ma noi e questa città ti bastavamo; tanto ci amavi! e t’eri già acconciato a far vita secondo noi. E poi qui tu hai fatto figliuoli, qui, perchè ti piaceva la città. Ancora in quel che si faceva il giudizio, t’era lecito per penitenza prendere da te lo andare in esilio; e ciò che ti disponi ora a fare a dispetto della città, potevi fare tu allora col suo consentimento. Ma allora ti facevi bello dando vista di non pigliartene all’idea che bisognasse morire; anzi dicevi meglio voler la morte, che l’esilio3; ed ora non arrossisci di quei vantamenti, e non ti cale di noi leggi, da poi che tenti di abbatterci; e non altrimenti fai che al modo che farebbe uno schiavo vilissimo, ingegnandoti di scappare contro i patti e li accordi di fare vita con noi4. Va’, la prima cosa rispondi: diciamo noi vero, che tu avevi fatto l’accordo, a opere, non a parole, di regolare secondo noi la tua vita? o non diciamo vero?



  1. Ai giuochi Istmici. Ma vi andò mai Socrate? Non si hanno altre testimonianze di questo viaggio: e ci fu chi ritenne interpolate queste parole.
  2. Vedi la nota 71 a p. 57.
  3. Il bellissimo passo dell’Apologia: «Mi condannerò all’esilio? e forse mi condannereste voi a questa pena.... » è già, citato nella nota 21 a p. 35 di questo volumetto.
  4. Fuggire ora significherebbe tradire quel patto, ribadito ogni giorno col restare in Atene, di vivere obbedendo alle sue leggi.