poi gran cosa quei tali che pigliano a scamparti e trarre fuori di qua1. E poi, non vedi? come si vendono a buon patto cotesti calunniatori, e che non c’è bisogno di molto denaro per turar loro la bocca? A te basterà quel che ho io, mi figuro: e se ti sa male che io spenda del mio2, qui sono questi forestieri pronti a spendere del loro; e a questo fatto Simmia il Tebano se n’è messo allato dei denari; e anco Cebete e assai altri son lì pronti3. Dunque, questa paura non ti tenga che non ti salvi, e neanco la ragione che tu contavi in tribunale, che uscito, cioè, di Atene, non sapevi più che far di tua vita: perchè fuori di qua sono molti luoghi, dove, se tu vai, ti porranno amore; e caso che tu voglia andare in Tessaglia, là c’è miei ospiti, che ti stimeranno assai, e procureran



  1. Altro argomento impagabile di Critone: «Non devi preoccuparti ch’io mi sbilanci troppo; non chiedono poi molto per farti fuggire». Il che significa che, se ci fosse da squattrinarsi troppo, potrebbe magari essere il caso di rinunciare a salvar Socrate; ma salvarlo costa così poco!
  2. Di che può preoccuparsi Socrate? che lui Critone spenda troppo? Si potranno anche dividere le spese; così ciascuno ne risentirà meno.
  3. Simmia e Cebete, i due tebani che assistono all’ultima disputa di Socrate, e provocano, con le loro obiezioni, più ampi chiarimenti su la speranza socratica d’una vita di là, dove ci sia beatitudine pei buoni.
    Platone, che li mette in iscena nel Fedone, qui rende testimonianza della loro generosità, del loro disinteresse, della loro devozione al maestro. Ed anche all’amicizia di Critone, Platone rende omaggio; ma tant’è, quando s’è artisti come Platone, le persone che ci circondano restano caratterizzate così acutamente, che quel che hanno di più intimo - la loro maniera di pensare, di ragionare, di sentire - è ritratto, e resta lì, in rilievo, dinanzi a tutte le generazioni dei lettori avvenire.