allo Stato - che nella persona di Socrate trovavano modo d’unificarsi così perfettamente, in altre epoche, nazioni, individui non s’unificano altrettanto. Ci sono età, popoli, persone, in cui l’obbedienza allo Stato è tale da rendere inconcepibile una critica. Ci sono, al contrario, altre epoche, genti, individui, in cui la critica diviene così acre da recidere ogni vincolo, ogni attaccamento dell’individuo allo Stato: sicchè l’individuo per lo Stato non ha che odio, scherno, e volontà d’abbatterlo e annientarlo. Ci sono, infine, condizioni storiche in cui la critica allo Stato riesce a coesistere con l’obbedienza allo Stato almeno tanto da inserirsi nella vita di esso, rinnovandola come un fermento, senza tuttavia abbattere la forma di Stato in cui s’innesta. Ma - a parte questa casistica, che filosoficamente non dice nulla, perchè questi vari tipi di rapporto non son definibili che per astrazione, mentre il rapporto concreto varia sempre, ed è sempre nuovo in ciascun tempo, in ciascuna nazione, in ciascun uomo, sicchè non può coglierlo e ritrarlo che la storia - la domanda che nasce spontaneamente in margine al Critone è: dei due elementi - obbedienza allo Stato e critica dello Stato - uno è sopprimibile? e se appariscono essenziali entrambi, è coesistenza la loro? e se non è coesistenza, in che senso nessuno dei due è sopprimibile?

A queste domande ci sia consentito dar risposte graduali, anche se - come avviene spesso in simili casi - la seconda risposta debba essere della prima tale ripresa, da costituirne piuttosto un’originale e radicale riforma e correzione (e così anche la terza della seconda).