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424 libro secondo

§ III.


Sul cominciare dell’autunno il re Ferdinando ritornò a Burgos senz’avere in pronto nè danaro, nè navi, ne equipaggio per eseguire la convenuta spedizione: per ordine di Isabella sei milioni di maravedis furono destinati all’armamento di Colombo.

Il 20 ottobre il piloto Pier Alonzo Nino, riconducendo da Hispaniola le sue tre caravelle, entrò nel porto di Cadice, andò primieramente a trovare la sua famiglia ad Huelva, contentandosi di scrivere ch’egli era giunto con un carico d’oro. Il re Ferdinando, lietissimo di questa notizia, mutò incontanente la destinazione de’ sei milioni per Colombo, gl’impiegò tosto a fortificare il Rossiglione minacciato dai Francesi, e comandò di levare una somma equivalente per l’ammiraglio sull’oro che avevano portato le caravelle da Hispaniola. Fu solo sul finir del dicembre che Pier Alonzo Nino presentò ai Sovrani i dispacci ond’era incaricato. Allora si ebbe la trista spiegazione della metafora usata dal piloto. Il carico d’oro che indicava la sua relazione, consisteva nel prodotto che si trarrebbe dalla vendita dei trecento prigionieri indiani che aveva a bordo.

Questo disinganno produsse un deplorabile effetto sull’opinion pubblica: somigliava una delusione: il re Ferdinando ne fu vivamente corrucciato: la Regina si mostrò sopra tutto offesa, perchè, non ostante i suoi ordini precedenti intorno al mettere in libertà gli Indiani, se ne fosse spedito in Europa sì gran numero. Tuttavia, mandandoli in Castiglia, l’adelantado non aveva fatto che conformarsi alle istruzioni reali intorno agli Indiani che avevano avuto mano nell’uccisione di Spagnuoli. L’ammiraglio fu attristato per questa spedizione di prigionieri, e particolarmente per le notizie che gli furono date sullo stato della colonia.

Così tutte le calunnie dei complici del padre Boil parevano giustificate. I saggi dell’oro che aveva mostrato l’ammiraglio non erano che un sogno, una frode. Gli uffici della marina a Siviglia si allegravano dell’umiliazione del Genovese. Perciò il