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386 libro secondo

gnato Betrechio, ed al sovrano dell’Higuey; i quali due ultimi non avrebbero intrapresa cosa veruna senza l’aiuto del Signore della casa d’oro.

Ponendo Caonabo nella impossibilità di nuocere, la pacificazione dell’isola si trovava sicurata: ma non era facile ricacciarlo nelle sue montagne, ove le asprezze del suolo gli fornivano naturali difese. D’altra parte, non conveniva restar esposti a’ suoi colpi improvvisi. L’ammiraglio pensò di combattere il guerriero Caraiba colle armi ch’egli stesso usava, la frode o malizia indigena, gli stratagemmi indiani. Comunico la sua idea al capitano Alonzo de Ojeda, e lo incaricò di mandarla ad esecuzione. Si trattava di andare a trovar Caonabo a casa sua, discosto più di sessanta leghe, pigliarlo da mezzo del suo popolo, e condurlo prigioniero all’Isabella. Ad impresa sì ardua bisognavano pochi, perocchè i molti avrebbero suscitato diffidenza. Ojeda elesse nove cavalieri, del cui valore e della cui vigoria era certo, e prese la via della Maguana. Egli portava al «signore della casa d’oro« un ricco presente da parte dell’ammiraglio. Non diffidando punto delle loro intenzioni, a motivo del piccolo numero de’ visitatori, Caonabo ricevette con piacere il dono che gli recavano.

Precedentemente, mentre Caonabo si aggirava intorno l‘Isabella, macchinando la distruzione della nascente città, un romore sconosciuto, sonoro, dalle vibrazioni penetranti, aveva percosse i suoi orecchi la sera sul tramonto, la mattina al levar del sole: era la campana che sonava l’Ave Maria, o come dicon altri popoli, l’Angelus: aveva veduto, che, subito dopo, gli Spagnoli andavano verso la chiesa, e si figurò che questa voce misteriosa li facesse obbedire: avrebbe data ogni cosa per possedere quella voce nelle sue montagne: e ne aveva manifestato il desiderio. Conoscendo questa circostanza, Ojeda invitò il cacico a venire all’Isabella per fare amicizia col Guamiquina, o gran capo degli Spagnoli, e fecegli credere, che il Guamiquina gli farebbe dono del Jurey di Biscaglia, (questo e il nome che gli isolani davano alla campana): essi chiamavano eziandio Jurey il cielo, e le cose celesti.

ll Signore della casa d’oro non pote resistere a quell’allet-