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CAPITOLO TERZO

Disinganno di quelli ch’erano venuti per far fortuna. — Frodi de’ fornitori della marineria a Siviglia. — Cospirazione contro Colombo. — Spedizione alle Montagne dell’oro. — Costruzione del forte san Tomaso. — Malattie e carestia all’lsabella. — Gl’idalghi rifiutano di lavorare. — Colombo doma il loro orgoglio, e colla sua fermezza li salva. — Inimicizia del Vicario Apostolico contro l’ammiraglio.


§ I.


I gentiluomini spagnoli che si erano imbarcati con entusiasmo allettati dall’oro, ignoravano come dura è la vita del marinaro: consistendo i viveri in carni salate, e in biscotto mal preparato, avevano essi messo a dure prove la loro costituzione ne’ tre passati mesi, imprigionati sopra anguste navi. Le fatiche a cui furono assoggettati per la fondazione della colonia, gli alimenti composti ora di vegetabili a cui non erano abituati, ora di viveri portati dalla Spagna, in gran parte guasti per effetto della cupidigia degli appaltatori, dell’inesperienza del trasportarli, sopra tutto delle alternative di calore e di umidità unite alle influenze dell’aria, del suolo e dell’acqua, produssero febbri micidiali.

Siccome l’ammiraglio si trovava di salute alquanto cagionevole al tempo dell’imbarco a Cadice, così non pote assistere egli stesso al collocamento di tutto il materiale, vettovaglie, bestiame, munizioni. Il controllore della marina Giovanni di Soria pare siasi prevalso della poca salute dell’ammiraglio. Quando nello sbarco a Isabella si fece l’ispezione delle provvigioni per collocarle ordinatamente nelle nuove costruzioni, Colombo riconobbe che la maggior parte de’ viveri erano guasti, od in quantità insufficiente. A motivo de’ guadagni illeciti fatti sulla fornitura delle botti a Siviglia, la maggior parte del vino filtrò e si perdette. La quantità de’ medicinali non era in relazione col preventivo richiesto dal capo-medico. Il bestiame, che avrebbe dovuto essere sceltissimo, si trovava surrogato da altro peggio che mediocre. Ai

Roselly, Crist. Colombo, T. I. 22