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CAPITOLO SECONDO.

L’ammiraglio sbarca alla Spagnola, — trova il fortino distrutto e la guarnigione trucidata. — Tutti accusano Guacanagari; il solo Colombo rifiuta di crederlo complice di quel sanguinoso disastro. — Intrigo amoroso di Guaicanagari a bordo della nave Ammiraglia. — Fuga di una bella prigioniera. — La flotta contrariata dal vento si ferma vicino ad un luogo acconcio alla fondazione di una città. — Colombo ne disegna il piano, ne pone la prima pietra e le impone il nome di Isabella. — Una malattia sconosciuta percuote i Castigliani.

§ I.


Il venerdì 22 novembre, le navi si ancorarono nel golfo di Samana, quello che l’ammiraglio aveva chiamato «golfo delle frecce.»

Continuando la sua esplorazione dalla parte verso il nord, l’ammiraglio cercava di riconoscere le qualità del suolo, perocchè, lasciando la guarnigione nel fortino, sua intenzione non era stata quella di fondarvi una città, sibbene di giovarsi del legname della nave arenata, per assicurar le sue genti contro gli avvenimenti dell’interno, e per la vicinanza della riva e il benefizio della scialuppa; quella stazione fortificata non era per lui che un campo: aveva indovinato il disagio di quel sito nella stagione delle pioggie.

Mentre una scialuppa investigava l’imboccatura del Fiume dell’oro, discosto circa sette leghe dal fortino, furono veduti due corpi umani fra l’erbe della riva; uno aveva i piè legati con una fune di erbe intrecciate; l’altro recava al collo il laccio che lo aveva strangolato, e presentava le braccia legate a due rami d’alberi in forma di croce. Il loro stato di putrefazione non permetteva distinguere la razza di tali due vittime. La dimane alquanto più innanzi si trovarono due cadaveri, sovra un de’ quali si distingueva della barba. Non v’era più dubbio, erano europei.

Tale scoperta colpì di mestizia ogni cuore.