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capitolo ottavo 251

sullo stato della nave: il mare era placido; trovavasi in luoghi noti e investigati alcuni giorni prima; inoltre un ufficiale era di guardia.

Non pertanto, a malgrado del divieto rinnovato nel viaggio di abbandonare il timone ai novizi, anche nella bonaccia, appena l’ammiraglio fu coricato, il tenente di servizio si andò a coricare pur esso; un’ora dopo il piloto, abbandonando il timone ad uno degli ultimi, si ritrasse nel suo covo; e gli uomini di guardia si coricarono del pari per dormire. Chi aveva il timone si sentì parimenti preso dal sonno, e la Santa Maria fu insensibilmente spinta dalle correnti verso un banco di sabbia. Ad una lega discosto udivansi le onde che si spezzavano contra gli scogli, ma il sonno dell’equipaggio era così profondo, che non si risveglio altro che alla voce dell’ammiraglio. Imperocche, questi, alle prime grida del mozzo, era corso fuor della sua camera e si studiava rimediare al sinistro, prima che alcuno sospettasse che la nave era arenata. In un istante i piloti furono sul ponte insiem col padrone della nave, che in quella notte era di guardia.

L’ammiraglio comandò di gettare il canotto legato alla nave sul di dietro della Santa Maria, di pigliare un’áncora e di andarla a gettare un po’ al largo dietro la poppa. Il padrone e i suoi uomini saltarono incontanente nel canotto; ma invece di eseguire l’ordine ricevuto, si allontanarono velocemente per andarsi a porre al sicuro sulla Nina ancorata una mezza lega discosto. ll capitano della Nina non volle ricevere a bordo que’ vili disertori: perciò furono costretti di ritornare alla caravella; nondimeno la scialuppa della Nina vi giunse prima di loro. Vedendo l’ammiraglio il tradimento del suo equipaggio, e che la Santa Maria pendeva da un lato, tentò di tagliar l’albero maestro, per alleggerirla e procurare di raddrizzarla, ma non avendo braccia sufficienti dovette rinunziarvi. D’altronde la Santa Maria si era troppo ficcata nella sabbia per poternela cavar fuori a forza di braccia: fidò adunque alla Provvidenza il corpo della nave perduta, e passò sulla Nina, per trasportarvi il suo equipaggio. Colombo preparò operosamente i mezzi da salvare almeno il corredo della nave; e mandò a Guacanagari