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capitolo settimo 215

tre caravelle. Sopra ciascuna nave, l’aspettazione era unanime, e l’impazienza estrema. Suscitati dalla solenne affermazione dell’ammiraglio, tutti i cuori palpitavano di speranza. Non era alcuno che dubitasse; e non fu occhio che si chiudesse. Ciascuno divorava lo spazio, e gettava nel vano delle ombre il suo avido sguardo. All’improvviso balena un lampo, e un colpo di cannone tuona. Gli equipaggi esultano di allegrezza: era il segnale della terra! Un marinaio della Pinta, chiamato Giovanni Rodrigo Bermeio, l’aveva veduta. L’orologio della Pinta notava le due del mattino. Al fragore del colpo, Cristoforo Colombo, gittandosi in ginocchio, e sollevando al Cielo le mani, mentre le lagrime della riconoscenza gl’innondavano le gote, intuonò il Te Deum laudamus, e tutti gli equipaggi, conquisi di gioia, risposero alla sua voce.

Solo dopo soddisfatto al dovere religioso fu dato sfogo all’allegrezza onde ogni cuore era pieno. Un movimento da non potersi descrivere a parole si fe’ desto incontanente nei tre navigli. Ad un comando di Colombo si ammainarono le vele eccetto una, e si mise in panna per aspettare il giorno. La prudenza del capo, che non dimenticava nulla, provvide di porre la flottiglia in istato di difesa; perocchè s’ignorava ciò che il ritorno del sole manifesterebbe. Si forbivano le armi, si apprestava la parata; amici e parenti si gratulavano. Tutto l’equipaggio della Santa Maria presentossi all’ammiraglio per offerirgli i propri rispetti, e per rendere omaggio al suo genio.