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capitolo settimo 211


Il troppo modesto laconismo di Colombo in ciò che risguarda la sua persona, la superiorità delle sue aspirazioni, il suo dispregio delle offese, la sua pietà per la debolezza umana gli hanno fatto ommettere ogni particolarità su questa ribellione. Questo grand’Uomo, che aveva scritto sopra il suo giornale i menomi avvenimenti di bordo, perfino di un uccello ferito da un mozzo sulle antenne della Santa Maria, non degnò mentovare le minacce, il furore, le spade sguainate e sollevate contra di sè notò appena incidentemente le intimazioni dei ribelli, e non fu saputa la loro ribellione che dal racconto sincero di quelli stessi che si erano ribellati.

La storia ha la certezza che v’ebbe il più grave attentato contro l’autorità e la vita di Colombo; ma che l’ammiraglio, venuto ad accordo cogli equipaggi, gli abbia supplicati di navigare per tre altri giorni, questa non è cosa da credere. Primieramente, per quanti hanno studiato il carattere di Colombo, questo fatto è impossibile; indi, non esiste prova alcuna di tal preteso accordo fra ’l comandante e gli equipaggi: nessuno degli storici contemporanei lo riferisce, non il figlio di Colombo, non Las Casas, non Pietro Martire, non il Curato de Los Palacios, non finalmente Ramusio. ll solo Oviedo parla dell’assicurazione data da Colombo, che, prima di tre giorni sarebbero giunti a terra; ma questo fatto non è presentato col carattere preciso di una capitolazione. Quantunque Oviedo sia stato troppo sovente l’eco dei calunniatori di Colombo, pur sapendo la fermezza di quest’Uomo, convinto delle maraviglie operate dalla Provvidenza in proprio favore, esso medesimo è il primo a dubitare del fatto che narra; e le sue parole lo indicano assai chiaramente.

Non vi fu, e non vi poteva essere alcuna convenzione tra Cristoforo Colombo e gli equipaggi ribellati, come non ve ne ha tra lo spirito di Dio e lo spirito del mondo. Nondimeno la ribellione era stata sommamente aggressiva e violenta. Per confessione dell’Oviedo, «i tre capitani e tutti i marinai erano risoluti di ritornare in Europa; e cospirarono di gettar Colombo in mare, stimando che gli avesse ingannati.» Queste semplici parole, implicando la complicità dei tre fratelli Pinzon, mostrano che questa ribellione non era l’effetto di un moto spontaneo e fortuito.