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capitolo settimo 203

sud-ovest con una costante regolarità, che cominciava a inquietar gli equipaggi. Furono vedute moltissime erbe. Tre alcatraz vennero sulla nave ammiraglia. Fu preso colle mani un uccello di riva.

Il venerdì, al primo albeggiare, segni favorevoli apparvero all’ovest. Un alcatraz passò presso le navi. Una balena venne a trastullarsi alla superficie dei flutti. Le alghe, i goemon fruttiferi, o uve del tropico si mostravano in tanta copia che il mare ne pareva coverto: il taglia mare provava nel romperle non lieve resistenza. La piccola flotta era indi giunta a quegli spazi notati sotto nome di «mare d’erbe,» la cui estensione occupa una superficie sette volte eguale a quella della Francia.

L’aspetto di quella verdura, che a bella prima ricreava gli occhi e sorrideva alle speranze de’ marinai, perocchè pareva indicare la prossimità delle terre, ora per la sua immensità diventava ad essi un grave argomento di timore: si credevano giunti a quell’eterne maremme e lagune dell’Oceano che si diceva servissero di confine al mondo, e di tomba alla curiosità che le affrontava. Queste famiglie di piante adunate in numero così sterminato offrivano aspetto di palude incommensurabile dal Creatore distesa ai limiti dell’Oceano, affine di vietarne l’accesso alla temerità degli umani; immensa e monotona vegetazione, che dalle profondità delle acque estollevasi a modo di minaccia, faceva impallidire i più intrepidi quasichè collocata quale ultimo termine alla navigazione. Fu pensato che quell’erbe diventando sempre più fitte, appena le caravelle vi si fossero inselvate dentro, sarebbe lor impossibile, al ritorno, di uscirne fuori. E se non fosse avvenuto di cader preda dei mostri nascosi sotto tale verdura, era però sicuro, che durante la lotta della prora contra le onde invischiate d’erba, le provvigioni a poco a poco finirebbero, e la fame co’ suoi orrori e coll’atrocità de’ suoi consigli, sarebbe l’espiazione di una maledetta audacia. Lo spirito de’ marinai si trovava involontariamente conturbato da spaventevoli imagini, conseguenza de’ racconti uditi nelle serate del verno, ora sulle contrade inabitabili del mondo al Mezzodi, o sul gigante sotto-marino del Nord, il Craken, polipo spaventevole, che coll’uno de’ bracci si aggrappava al Mar Bianco,men-