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capitolo quinto 157

anzi ora senza che le artiglierie battessero le mura della fortezza e impedissero i lavori di riparazione; sicchè, scoraggiati da tanta operosità, sin allora sconosciuta negli assedi, sentendo i Mori l’inutilità di un più lungo resistere, chiesero di capitolare.

Questa vittoria, dovuta unicamente alla tattica della Regina, conquise di ammirazione tutti gli uomini di guerra. Nel riferire questa influenza d’Isabella, tanto maravigliosa da sembrare una poetica esagerazione, il prode Hernando del Pulgar, il quale aveva combattuto in quell’assedio, dice che ne parla qual testimonio di veduta; chiama Dio in testimonio della sua veracità, e se ne appella alla memoria de’ suoi compagni d’arme.

La presa di Baza empiè d’allegrezza la Spagna cristiana, e diffuse lo spavento in tutto l’islamismo. Siviglia preparò un magnifico ricevimento ai due re, i quali fecero una trionfale entrata nelle sue mura. Colombo vide succedere una festa all’altra, ma dolorato, perchè quelle allegrie allontanavano da capo l’opportunità che da oltre due anni aspettava, di ripigliare le conferenze intorno al suo progetto.

Appena i Sovrani si furono riavuti dalla stanchezza di quelle lunghe feste, il negoziato di matrimonio della loro primogenita, l’infanta Isabella, coll’infante don Alonzo, erede presuntivo della corona di Portogallo, occupò tutta la loro attenzione.

Nuove feste precedettero l’unione dei due Principi, la quale avvenne nell’aprile del 1491. Nuovi splendori accompagnarono e seguirono questa cerimonia. Il corso dei piaceri e delle solennità pareva interminabile. I banchetti, i caroselli, le danze, le passeggiate notturne allo splendore di mille faci respingevano l’intempestiva gravità delle discussioni scientifiche. Di qual pazienza non dovett’essere dotato Cristoforo Colombo!

Prima che tornasse il verno, fu impossibile rimettere in campo ciò ch’era stato discusso a Salamanca. Intanto la relazione che la Giunta doveva consegnare ai re non era peranco stata compilata. Sapendo Colombo che la Regina non poserebbe prima che Granata non fosse ridotta sotto la signoria della Croce, raccolse gli sforzi di quelli che lo amavano, e ottenne che Ia Giunta sentenzierebbe definitivamente intorno al suo progetto.

Il vescovo d’Avila, Fernando di Talavera, presiedette nuova-