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366 libro quarto


Non ci sorprenderà che l’uomo eletto per raddoppiare lo spazio noto della terra, riunire i popoli che s’ignoravano l’un l’altro, e diffondere il Vangelo fra nazioni sconosciute, abbia presentato anch’esso nel suo nome un qualche significato misterioso o simbolico.

Fin dal suo nascere, il primogenito de’ figliuoli dello scardassiere Colombo, fu portato al fonte battesimale sul monticello ov’è la chiesa consacrata al primo martire, Santo Stefano. Quivi un nome di battesimo fu aggiunto al suo nome patronimico. Questo fanciullo, riportato alla casa paterna, ebbe da quel momento i nomi meglio rispondenti a ciò che doveva operare fra gli uomini.

Chiamavasi, anzitutto, Colombo, voce che fa pensare ad innocenza, purezza, semplicità di cuore, e ricorda il messaggio sull’acqua, il messaggio pacifico, il messaggio divino, il pronto arrivo, la felice novella, la terra scoperta; esprime altresì la navigazione, il genio marittimo, il pezzo fondamentale d’ogni nave, la chiglia1. A questo nome così espressivo, che ritraeva dalla famiglia, la Chiesa ne aggiunse un altro, che doveva essere significativo della sua missione futura Cristophoruas, vale a dire che porta Cristo, che trasferisce la Croce, che diffonde il Vangelo. E quando Colombo in Castiglia, per accomodare il proprio nome alla lingua spagnuola, lo abbreviò a Colon; per la forza originale del suo simbolismo, così raccorciato com’era, questo nome rappresentava tuttavia l’idea del viaggio, — dell’agricoltura d’oltre mare. — della colonia — del trapiantamento lontano. Anzichè mutilare la figura emblematica del suo nome, questo .raccorciamento la distese, la compie, la caratterizzò vieppiù profondamente.

La potenza del suo nome fa augurare quella del suo destino.

    Ecclesiam meam et portæ inferi non prævalebunt adversus eam.” — Matth., cap. XVI, v. 18.

  1. Anticamente, in Italia, nella costruzione navale, la chiglia di qualunque bastimento era detta Colomba. Trovasi usato questo nome nel trattato di costruzione navale greco di Bartolomeo Crescenzio. — A. Sal. Archeologia Navale, t. II, pag. 138, ediz. franc.