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356 libro quarto

§ V.


Ei si può arditamente affermare che, per una specie d’intima solidarietà, la purezza dell’uom privato serve anticipatamente di prova alla dignità ed all’irreprensibile condotta dell’uom pubblico. Dopo veduto Colombo studiarsi ad innestare la giustizia e l’equità tra le abitudini della famiglia, noi ci aspettiam di leggeri a vederne osservare rigorosamente i doveri ogniqualvolta la responsabilità politica s’ingenera negli obblighi morali.

Sulla elevata scena, ch’egli saliva improvvisamente, insignito il giorno stesso della triplice dignità di grande Ammiraglio dell’Oceano, di Governator generale perpetuo, e di Vice-re delle Indie, Colombo non venne mai meno a’ suoi triplici doveri. Mentre durò la sua amministrazione, niuno mai lo accusò di parzialità. I superbi idalghi, i persecutori degl’Indiani, furono i soli che si lamentassero, perchè proteggeva gl’indigeni. Il pensiero ch’ei si dava di costoro, offendeva l’alterezza castigliana: ma Colombo, discepolo del Vangelo, non riconoscea privilegi: stabilì scrupolosamente una intera eguaglianza davanti alla legge. Noi abbiam già dimostrato1 che la sua amministrazione fu scevra d’errori; perciò non ci fermeremo sui particolari, fermandoci solamente e per poco a gruppi di fatti.

ll rifiutar che fece un principato per tema che i vantaggi particolari non lo stornassero da’ doveri pubblici, pone in piena luce il suo disinteresse.

Grande Ammiraglio dell’Oceano, Vice-re e Governatore generale a titolo perpetuo, non fu mai che dimenticasse l’obbedienza; tutto al contrario si sottopose agli ordini di un semplice commissario dei Re, cotanto rispettava l’autorità legittima.

Dava costantemente l’esempio del sacrifizio e dell’eguaglianza nell’avversità: nella penuria de’ viveri e nelle malattie, sia in mare, sia in terra, non usava de’ suoi diritti e non volle accettar altro che la razione attribuita ad ogni marinaro.

I suoi provvedimenti amministrativi non presentano quel ca-

  1. Secondo volume, pag. 122, 123 sino a 147, ediz. franc.