Pagina:Cristoforo Colombo- storia della sua vita e dei suoi viaggi - Volume II (1857).djvu/342

322 libro quarto

suo sepolcro. Indi i Francescani accompagnarono il corpo alla chiesa cattedrale di Valladolid, Santa Maria l’Antica, ove si celebrarono modestissimamente l’esequie dell’Ammiraglio dell’Indie. Dopo di che que’ Religiosi trasportarono le sue spoglie mortali nelle tombe del loro convento dell’Osservanza. Cristoforo Colombo, che aveva trovato presso i Francescani il suo primo asilo, ricevette da essi l’ultima ospitalità. Pochi giorni appresso, nessuno in Valladolid, dalla famiglia Francescana in fuori, pensava a quella gloriosa sepoltura. Sicuramente la morte di un vice-prefetto, di un colonnello leva di sè maggior grido in un dipartimento francese, che non ne causò allora in Ispagna la morte dell’uomo che aveva raddoppiato lo spazio noto della creazione.

Lo storiografo regio non degnò mentovare quella morte, Pietro Martire d’Anghiera, dianzi giustamente orgoglioso della sua dimestichezza1 con Colombo, non mentovò nè la sua malattia, nè la sua fine, quantunque dimorasse allora assai presso, a Villafranca di Valcazar. La cronaca locale, Cronicon di Valladolid,2 solita registrare con grande esattezza i piccoli avvenimenti della città, non ne disse verbo; così poco si pensava a Colombo.

La gran notizia, la prima occupazione di que’ giorni era l’arrivo della principessa dona Juana col galante arciduca d’Austria, Filippo, soprannominato il Bello. Tutti parlavano sotto voce delle contese sorte fra’ giovani sposi per la freddezza del leggiadro principe, e la tenerezza mal ricambiata della figlia d’Isabella. Buccinavasi che quelle afflizioni di cuore avevano alterata la sua ragione, senza diminuire il suo amore, e che il re Ferdinando detestava cordialmente suo genero, il quale dal canto

  1. “Scripsit enim ad me Praefectus ipse marinus cui sum intima familiaritate devinctus.” — Petri Martyris Anglerii, Oceanœ Decadis primœ, liber secundus.
  2. La cronica di Valladolid, che comincia all’anno 1333 e va sino al 1539, fa spesso menzione di fatti di così minima importanza, che oggidì nessuno al certo li raccoglierebbe. I suoi redattori, nell’anno 1506, hanno giudicato che la morte di Colombo era d’un interesse ancor minore, poichè l’hanno passata sotto silenzio.