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capitolo nono 321

vare dinanzi alla maestà dell’Autore della vita, Cristoforo era pieno di speranza. Assicurato dalla bontà e dalla misericordia che gli aveva sin allora mostrate il Redentore, la sua anima dovett’espandersi ineffabilmente deliziata a quella venuta del Salvatore sotto il suo povero tetto.

Un istante ancora, ed egli andava finalmente a possedere la vita eterna.

L’integrità della sua intelligenza perdurava a malgrado del continuo inoltrarsi della distruzione. Quando sentì vicinissima la sua fine, Colombo usci dal suo raccoglimento serafico, e chiese il sacramento dell’estrema Unzione1. La sua lucidezza non aveva perduto nulla della sua forza: potè tener dietro alle preghiere degli agonizzanti che si dicevano per lui: ascoltò con umile compunzione la raccomandazione che andava facendo dell’anima sua uno dei Religiosi Francescani, e diceva egli medesimo le risposte: indi, dopo di avere saporate le angosce dell’agonia, sentendo venuto il momento supremo, all’ora del mezzodì, il discepolo del Verbo indirizzò al Padre dei mondi le parole stesse che’proferì il Salvatore spirando sulla croce: «Mio Dio, io rimetto l’anima mia nelle vostre mani!2» e Gli rendette lo spirito. Era il giorno dell’Ascensione 20 maggio 1506.


§ III.


Come ai tempi delle persecuzioni della Chiesa si seppellivano insiem coi Martiri, nelle catacombe, ampolle piene del loro sangue, e strumenti del loro supplizio, così le catene che avvinsero i piedi e le mani del messaggero della croce furono chiuse nel

  1. “Poi, sentendo avvicinarsi l’ora della sua morte, si fece amministrare l’estrema unzione.” — Herrera, Storia naturale delle Indie occidentali, Decade 1, lib. VI, cap. xv.
  2. “Y dicho estas últimas palabras: In manus tuas Domine commendo spiritum meum.” — Hernando Colon, Historia del Almirante Cristóbal Colon, cap. cviii.
Roselly, Crist. Colombo, T. II. 21