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capitolo nono 311


Galeani Napione, sviluppato con grande acrimonia da Giovanni Battista Spotorno, cui hanno alla lor volta commentato don Martin Fernandez di Navarrete, Washington Irving ed Humboldt, seguiti da tutta la scuola protestante, tutti a dir breve i biografi di Colombo riprodussero questa affermazione del dispiacere che ispirava all’Ammiraglio ne’ suoi ultimi momenti la memoria di Beatrice Enriquez, e giudicarono qual prova della «sua viva compunzione,» il suo ultimo codicillo fatto «la vigilia della sua morte,» vale a dire il 19 maggio 1506.

Noi non lasceremo più a lungo calunniare perfino nella sua agonia il Rivelatore del Globo. È tempo oggimai d’imporre termine a questa falsificazione dei fatti procedente da una audace confusione delle date.

Dichiariamo, pertanto, francamente che questa «viva compunzione di Colombo ne’ suoi ultimi momenti» è un error grossolano.

Affermiamo inoltre che Cristoforo Colombo non fece alcuna disposizione testamentaria «la vigilia della sua morte.»

Certifichiamo che il «codicillo definitivo e regolare» che si pretende fatto «la vigilia della sua morte,» e perciò il 19 maggio 1506, aveva la data dell’ottobre di quattro anni prima!

L’ultimo codicillo di Cristoforo Colombo, «documento scritto di sua propria mano, del dì 1 aprile 1502» e deposto nella cella del reverendo padre Gaspare Gorricio, della Certosa delle Grotte, prima della partenza dell’Ammiraglio pel suo ultimo viaggio, fu, dopo il suo ritorno, confermato nel suo pieno tenore. Lo dichiara egli medesimo. In prova della sua costante volontà, Colombo lo riprodusse di sua mano il 25 agosto 1505. Solamente, sentendo approssimare il proprio fine, l’Ammiraglio desidero rivestirlo di un carattere autentico, deponendolo nelle forme legali in mano del notaro reale, e nominando a suoi esecutori testamentari suo figlio primogenito, don Diego Colombo, suo fratello don Bartolomeo, e Juan de Porras tesoriere generale della Biscaglia; cosa ch’ei fece il 19 maggio 1506, assistito dagli onorevoli testimoni il bacelliere de Mirueña e Gaspare della Misericordia, ambedue cittadini di Valladolid, e alla presenza di sette ufficiali della sua casa, cioè: Bartolomeo Fie-