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capitolo ottavo 273

lando di Ovando: «io lo destino a tal posto che non sarà mai stato occupato1

A premiare l’attaccamento del valoroso Mendez2, che l’Ammiraglio aveva fatto capitano di vascello, essa volle sollevarlo alla nobiltà, e dargli, insiem colle lettere patenti, uno stemma che avesse a perpetuare la tradizione del suo eroismo.

In breve il mutamento avvenuto nella persona d’Isabella si rese palese a tutta la corte. Per la cura di una malattia, la cui causa era interna ed organica, i consulti della medicina furono sempre esterni e verbali. Il pudore della Regina non permise mai alcuna delle esplorazioni chirurgiche che si usavano, ed erano necessarie nel suo stato: i mezzi dell’arte non furono che accessorii per lei. Dopo che fu dichiarata la malattia, durò cento giorni senza interruzione3.

La sollecitudine de’ popoli per la loro Sovrana fu estrema. Le chiese erano sempre stivate di una calca piangente che indirizzava al cielo preghiere4: furono annunziati digiuni, si cele-

  1. “Yo vos le hare tomar una residencia cual nunca fué tomada.”— Herrera, Storia generale dei viaggi e conquiste, ecc. Decade 1, lib. IV, cap. iv.
  2. A chi voglia sapere fin dove spingasi presso una certa scuola la forza delle prevenzioni, e l’eccesso dell’ingiustizia contro il cattolicismo, Diego Mendez, ne somministra la misura. Ecco in quale stima tenesse questo eroico cristiano, che ben tre volte aveva salvato la spedizione nel corso di queste campagne, Humboldt, il qual non osando trattar da matto don Diego Mendez, tiensi pago di appellarlo «uomo bizzarro». Vedete! lo trova bizzarro perchè è mirabilmente singolare e singolarmente sublime! — “Un uomo bizzarro, Diego Mendez, fedele compagno dell’Ammiraglio, ecc.” — Humboldt, Esame critico della Storia della geografia del Nuovo Continente, t. III, p. 239.
  3. Storia Palentina. — Del continuatore anonimo del vescovo Rodrigo Sanchez de Arevalo.
  4. “Quibus diebus cum omnes suae domus equites, saccrdotes, et totius Hispaniæ populi per omnes ecclesias sacrificiis, orationibus, jejuniis et lachrymis pro ejus salute profusis Deum optimum maximum deprecarentur..., etc.” Lucius Marineus Siculus, De rebus Hispaniæ memorabilibus, lib. XXI.
Roselly, Crist. Colombo, T. II. 18