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270 libro quarto

avversario del grand’Uomo: quel ministero si denominava col nome di Palazzo della Contratacion.

Colombo, il quale aveva sperato di potersi alla perfine riposare delle sue fatiche e delle sue cure, si trovava per tal modo, e suo malgrado, spinto sotto la mano de’ suoi persecutori. I marinai che per commiserazione aveva condotti a sue proprie spese, e fra’ quali aveanvi antichi ribelli, non potevano ottenere dagli uffici della marina il pagamento del loro salario. Conoscendo la sua generosità, importunavano l’Ammiraglio coi loro richiami, nella ferma persuasione che non tralascerebbe di far valere i loro diritti. Obbligato a stare in letto, impedito da’ suoi dolori, scrivendo a gran fatica, egli sapeva che gli emissari de’ suoi nemici, i ribelli che avevano attentato alla sua vita, erano liberi e accolti alla corte, ove andavano arricciati, e olezzanti di odori e di muschio, secondo la sua propria espressione, a mostrare le loro barbe impudenti1, ed a macchinare contro di lui, mentre i documenti del loro processo erano rimasti sulla nave, che uscita appena dal porto dovette rientrare a San Domingo per rifornirvisi di alberi. Colombo scriveva ai Re affine di prevenirli di quanto er’avvenuto: scriveva al tesoriere Morales e, per timore che prestasse orecchio alle calunnie dei Porras, mandavagli copia degli scongiuri co’ quali i ribelli, sollecitando il suo perdono, si erano obbligati a obbedirgli. Si rivolse altresì al dottore Angulo, ed al licenziato Zapata, segretario della corte, per attenuare l’effetto delle accuse dei Porras.

Oppresso da’ suoi dolori fisici, l’Ammiraglio pativa altresì del più vivo patimento morale che potesse straziare uman cuore: sapeva in preda ad un male incurabile l’eroica Donna che lo aveva compreso, e si era fatta sua protettrice, e sua amica: egli non poteva in quel terribile contrattempo nè parlarle, nè scriverle: non osava nemmeno richiamarsi direttamente alla sua memoria; era morta la virtuosa donna Juana della Torre, la

  1. “Ellos fueron allá con sus barbas de poca vergüenza.” — Cartas de don Cristobal Colon á su híjo don Diego. — Fecha en Devilla á 21 noviembre 1504.