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CAPITOLO QUINTO
§ I.
La magnificenza del sito, la sua commodità, l’abbondanza dei viveri, le disposizioni amichevoli degli isolani non potevano però ingannare la chiaroveggenza dell’Ammiraglio. Egli conosceva la mobilità di spirito de’ selvaggi, e la loro profonda dissimulazione. Queste popolazioni, ora soccorrevoli, potevano la dimane essere nemiche. Già due volte Colombo aveva potuto giudicare delle loro bellicose disposizioni1. Esse possedevano importanti flottiglie di canotti: riusciva lor facile affamare i naufraghi, o bruciarli insiem colle navi. Gli equipaggi estenuati dalle fatiche della subita navigazione parevano avere perduta ogni energia. Non si potevano rimettere in acqua le caravelle, nè costruirne altre; non rimanevano sufficienti operai per intraprendere un tal lavoro: inoltre tutti i mastri falegnami erano periti nella funesta giornata del 6 aprile.
Cristoforo Colombo si trovava naufrago senza tempesta; senza essere nè in mare nè in terra; esposto in prossimità della riva e privo dei vantaggi dei flutti; abbandonato all’immobilità ed all’impotenza. Situazione desolante perchè non v’avea modo ad uscirne. Come ottenere soccorso? Per qual via e per mezzo di chi far sapere alla Regina la scoperta delle miniere d’oro
- ↑ Nel suo secondo viaggio, quando venne alla Giammaica, prima e dopo la sua esplorazione della costa meridionale di Cuba.