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non fossero state al loro arrivo a Firenze le casse da lui spedite d’America da mano infedele manomesse e furate, non consentì mai si aprissero ond’evitare l’amaro della certezza, volendo ciò si facesse solo dal di lui erede, siccome avvenne. Non gli mancarono le invidie e le censure dei dotti, ma ebbe a conforto l’amicizia e la stima degli uomini grandi dei due mondi. La copiosa di lui corrispondenza, che leggesi presso di questa Comunale Biblioteca, e la di lui aggregasione alle principali accademie dell’antico e del nuovo continente ne porgono indubbia testimonianza.

Nel desiderio di essere letto generalmente, scrisse il Beltrami ogni cosa sua in francese, nè alcuno potrebbe apporglierne menda, perchè stampava fuori d’Italia ed in America; ma ciò gli suscitò amare censure dalla Rivista Enciclopedica di Parigi, la quale raccogliendo tutto in un fascio non volle tampoco sceverare ciò che era imputabile a solo difetto di più accurata edizione. Lo stile di lui è poi sempre bastantemente corretto, e spesso brillante, tanto che lo dimostra uno scrittore, il quale nella propria lingua natale avrebbe saputo riunire ciò che nella straniera lascia forse desiderare. Egli medesimo in una prefazione chiedeva perciò indulgenza dal pubblico, che larga si meritava, avvegnachè con l’originalità e con la vivacità di sua dizione coprisse assai facilmente quelle poche inesattezze che una critica troppo severa volle notare. Altronde è pur vero che le narrazioni dei viaggi allora sono meglio, apprezzate e credute