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dere a quei neofiti onde parlare agli aborigeni intelligibili voci. E tutto ciò allo scopo di renderlo più autorevole e credibile, circondavasi del prestigio di un nome, quale quello di Montezuma, unico che campasse da tanta strage de’ suoi, e che abbracciata la fede di Cristo meglio poteva ascoltarsi ne’ suoi insegnamenti senza eccitare un giusto ribrezzo di crudeli memorie e di sofferti patimenti.

Ma ben m’accorgo che troppo lungo divagherei, ove volessi seguire il nostro viaggiatore in ogni più minuta parte che egli visitava del Messico. Spirava l’anno da che era entrato nel Messico, quando il Beltrami lasciava la Nuova Spagna salpando da Alvarado per alla Nuova York, donde rileviamo che altri viaggi egli imprendesse alle Antille e sicuramente all’isola di S. Domingo, l’Espaniola di Colto, intorno alle cui condizioni fisiche e politiche aveva già composto un lavoro per le stampe, alle quali poi non venne recato, rimanendo del manoscritto medesimo vano fin ora il desiderio. Del che fanno prova ancora parecchi scritti delle autorità di Haiti, notevoli pure quali autografi degli addetti alla corte di re Cristoforo insigniti di titoli ridicoli, come a cagion d’esempio del conte de la Limonade, ed un manto prezioso trapunto d’oro di quel negro usurpatore, cose raccolte dal Beltrami. E a chi piacesse seguirlo in ogni suo viaggio presterebbero sicura guida le carte de’ suoi passaporti mano mano impresse dei suggelli e delle cifre dei vari paesi, monumenti importanti deposti essi pure con gli