penso, che all’aspetto di nuove fortunose vicende anco una volta raccogliesse in suo pensiero le memorabili impressioni ricevute nell’animo suo, nell’impresa di discoprirne le sorgenti e di percorrerne l’immenso corso non senza un intimo senso di giusta compiacenza, scorgendo finito il primo compito suo di far conoscere un punto importante della terra, in fondo a regioni fin allora sconosciute al mondo civilizzato. Colà gli era forza sostare alquanti giorni aspettando che propizio vento ne spingesse in alto la nave, contrariata sempre dalla pressione che le oppongono l’acque più elevate del mare. Uno spettacolo intanto assai triste colpiva il di lui sguardo fatto ancora più triste dalla memoria di quegli incantevoli quadri che il paese dei Natchez gli presentava, ove quanto vi ha mai di grande, di maestoso, d’amabile parve natura riunisse onde abbellirlo, giardino mirabile, ove le magnolie, le catalpe e mille altre specie d’alberi fiorenti e propri di un cielo tropicale intrecciano loro rami frondosi, dai quali a guisa di vaghi festoni pendono le liane e si attortigliano miste agli arbusti, tutto impregnando l’aere intorno di soavissimi odori. Ed oh quale scoraggiante ed improvvisa mutazione di scena! Qui un soggiorno selvaggio, una solitudine mortale circondata da un orizzonte sterile e monotono ove cupi pensieri e meditazioni affliggenti non incontrano che un vuoto desolante per riprodursi sempre più tristi e dolenti ad ogni vicendevole giro della luce e dell’ombra. L’umanità è in preda ad ogni sorta di miserie cui solo