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che di sua morte già correvano alle più vicine stazioni non erano incredibili nè infondati. Ma lungi d’abbattersi infiammavasi anzi a non so quale sentimento patetico e sublime, quale ogni grand’anima saprebbe più facilmente provare che descrivere.

Montato sul canotto volle tentare di vincere la corrente, ma essa lo trasportava a seconda fino a che fatta forza inesperta di remo rovesciavasi nelle acque. Fu allora che si vide costretto camminare sui bassi fondi trascinando attaccata ad una fune la navicella, risalendovi solo quando gorghi profondi impedivano fare altrimenti. Ma ogni sua possa riusciva vana a più resistere, onde fu, che salutasse con lieto animo l’incontro di due canotti d’Indiani che scendevano il fiume, preferendo porsi in loro balia, che rimanere incontro ad inevitabile morte. Fu buona ventura che quei selvaggi all’aspetto improvviso di un uomo solitario, che sorgeva a mezzo della persona dall’onde, ai modi suoi franchi, alla nave protetta da grande ombrello rosso a guisa di palanchino, più presto ne rimanessero sorpresi che ad altro mal fare incitati. Avvicinatosi loro il Beltrami dimostrando una superiore sicurezza li presentava di quanto egli aveva, e così ne otteneva un abile remigante che lo guidava assai presto al Lago Rosso, ove ancora una volta ebbe ricorso all’opera di interprete d’uno dei Bois Brulè che sopra accennammo, sparsi in quei remoti siti dalla immoralità delle Compagnie Inglesi.

La riviera rossa o sanguigna uscendo dal lago fluisce fra canne e riso selvatico: e non fu che per