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Parecchie infatti delle costumanze proprie dei popoli antichi del vecchio continente ebbero a riscontrarsi conformi fra quelle tribù selvagge del nuovo mondo. Le idee di trasmigrazione, quelle dei funerali piramidali, del modo ingannevole onde consultare dai tripodi gli oracoli e di ricorrere agli oroscopi ed agli auguri senza alcun dettato di possibile imitazione ne condurrebbero a dirle se non innate almeno istintive.

Come a quelle orde selvagge, spinte dal bisogno di procurarsi le cose di prima necessità col cambio delle pelli e delle carni disseccate, avvegnachè non coltivino la terra vivendo solo di caccia e di guerra, era mestieri di convenire in appositi siti lunghesso il fiume, ove deposta ogni selvatichezza discendere ai necessarii baratti, così esse medesime piegavano alla forza di quella legge, che meglio direbbesi necessità delle cose, alla quale l’umanità obbedisce, germe di ogni di lei sviluppo e perfezionamento. Lo stato di selvaggio, in onta ad ogni filosofico vaneggiamento del secolo scorso, è pur sempre contro natura, avvegnachè l’uomo non basti a sè medesimo, e la varietà dei suoi bisogni gli imponga la società, come la debolezza del proprio organismo rende a lui indispensabile la famiglia. Questo scambio sociale di servigi, l’acquisto di ciò che manca con quanto abbonda, questa unione degli uomini, che l’interesse in una disgiunge e riunisce, queste relazioni di commercio finalmente necessarie, universali stabiliscono fra gli uomini una specie di eguaglianza, che assolutismo veruno non può di-