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qualche lode da chi ben più che la vita fisica ama conoscere quella parte sempre più importante che spetta al morale di un uomo, la cui memoria già in fama, altissima oltre l’Alpi ed oltre i mari parve quasi per tempi timidi, ed ombrosi volersi da geloso destino tenere fra noi ignota, ed oscura.

Grazie devonsi intanto all’onorevole di lui nipote, che giusto estimatore di quel senso di nazionale orgoglio con cui riguardasi da noi, e s’apprezza ogni memoria, che illustri la patria, non esitava venirne recando le ultime nuove depositando preziosi monumenti, manoscritti e carte, la mercè dei quali ricostituire un edificio d’immortalità a lui ben dovuto. Non so intanto se più di meraviglia, o di rimprovero fosse fra noi meritevole tanta dimenticanza, che a dir vero a malincuore soffriva ogni buon cittadino sotto l’incubo di prudente circospezione, che morte rendeva ora vana onninamente1. Sì, oltre la tomba tace ogni umano sospetto, le ombre si dileguano, non rimane che la realtà, e gli uomini sciolti di ogni ingannevole velo, possono aspettarsi nella quiete del sepolcro dalla posterità quel giudizio imparziale, che viventi, loro contendevano civili riguardi.

Ultimo di quindici figli nati di Giovanni Battista, e di Margherita Carozzi ambi d’assai civile ed agiata

  1. Lo scrittore ignorava che sino dal 26 Aprile 1856 Gabriele Rosa andava pubblicando nella Rivista Veneta studi sulla vita e sugli scritti del Beltrami. Nota dell’Editore.