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suo stile è ruvido e brusco e balzano come l’indole e l’educazione sua. Ma Giacomo Costantino Beltrami non vuol essere giudicato come scrittore, ed egli stesso non ci pretendeva, ma dev’essere posto nella schiera degli arditi ed intelligenti scopritori italiani dei quali estese le glorie continuando le tradizioni. Se nel secolo scorso per sciagurate condizioni politiche sembrarono languire e spegnersi le belle emulazioni italiane, al contatto di nuovi stimoli si risvegliarono, onde alla serie dei Polo, di Cadamosto, di Colombo, di Zeno, di Pigafetta, di Cabota, di Verazzano, d’Americo Vespucci, di Filippo Sassetti, che finisce col secolo XVII, nel XIX si collega quella di Giambattista Brocchi di Bassano, morto nel 1822 nel Sennaár dopo aver visitato l’Egitto, l’Arabia; di Belzoni da Padova, famoso scopritore di monumenti egiziani, che morì nel 1823, mentre Beltrami scopriva il Mississipì, di De Vecchi da Milano dotto viaggiatore nella Siria, nella Persia e nell’Egitto, di Gaetano Osculati da Monza, che dal 1846 al 1848 studiò e descrisse accuratamente le regioni equatoriali dell’America, di Codazzi da Lugo che prode ufficiale d’artiglieria negli eserciti Napoleonici si trasferiva nell’America del Sud, ove qual colonnello del Genio al servizio della Venezuola e della Nuova Granada, tanto ampliava il campo della geografia positiva di quelle regioni.